BEGEMOT. (incipit)

Il display del cruscotto segnava le due e ventidue e quando ho alzato gli occhi da li ho visto il gatto seduto. Ero appena ripartito da un semaforo e ho fatto tranquillamente in tempo a rallentare: il gatto se ne stava pensierosamente accomodato sulla linea di mezzaria e mi ha subito ricordato il gattone nero della copertina e del romanzo di Bulgakov, il Maestro e Margherita. Era seduto come solo i gatti sanno fare, immobile e con lo sguardo fisso, mi ha dato l’idea di star perdendosi in qualche fantasticheria. Mi capita spesso. Solo quando sono arrivato ad una certa vicinanza si è alzato e si è spostato con una certa indolenza allontanandosi nella direzione opposta. Era bianco con una macchia disordinata di caffelatte sul fianco, come se qualcuno glielo avesse accidentalmente versato mentre se ne stava accovacciato sotto il tavolo della colazione. Ho pensato che gli mancasse solo una sigaretta fra i baffi alla quale tirare qualche lunga boccata per essere calato a pieno nel personaggio che per lui mi ero immaginato, per il quale lui voleva mostrarsi. In pubblico siamo essenzialmente finzione, in privato abbiamo paura di venire a sapere ciò che siamo. Il centro strada può essere un luogo sicuro nel quale sedersi e sfidare la casualità degli eventi nella piatta notte di questa vallata? La galleria non è ancora ultimata. Bucano le montagne per darci la possibilità di filare via più veloci da quel che rimane del passato, per non correre il rischio di perdere minuti preziosi in un ingorgo di quattro veicoli e due ricordi. Il paese rimarrà ancora in piedi, solo, murature in pietrame, strutture a volta, crocifissi e gente impolverata. Quel che è nuovo è solo abitudine sicura, ma ben truccata da intonaci pastello. La galleria è come un ago nella vena per l’eutanasia; essere liberi di scegliere quando andarsene, quando smettere di vedere. Accontentiamoci delle gallerie perché i guadagni dell’evoluzione sono questi, non essere liberi di decidere il da farsi nemmeno del nostro corpo: tutti ne vantano dei diritti d’usucapione senza mai averci messo piede, tantomeno una carezza. Mentre arrivavo sotto casa i Cure cantavano "boys don’t cry". Non c’era assolutamente da piangere, era stata un ottima serata; ho dovuto solo tenere presente che delle persone  con le quali l’avevo trascorsa nessuno era effettivamente nato su questi terreni, nessun contaminato. Questo fatto non è irrilevante. Ho parcheggiato e una macchina mi è scivolata accanto frettolosa, lasciandomi sorpreso.

5 Risposte a “BEGEMOT. (incipit)”

  1. … e questa dev’essere la settimana cabalistica del gatto

    tempo fa mi avevi parlato di Jack Kerouac …la Strada ecco appunto Sulla Strada si muovo le persone e le idee 😉

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