BYE FRIENDS, THIS IS MY BUS STOP


Quasi a metà, il pendio spiana leggermente diradando in una breve radura orizzontale di erba alta e radi alberi.


Me ne sto qua piegato in due dalla fatica, il fiato cortissimo e le ginocchia molli sferzate dal vento.


Sento l’ossigeno mancante, stridente nei polmoni, come lamiera contro lamiera.


Mi appoggio sostenendomi con una mano, al tronco ruvido di questa quercia centenaria.


La accarezzo leggermente, ricorda la pelle ruvida della mano di una nonna.


Sono in zona d’ombra e l’aria fresca mi gela il sudore sulla pelle accaldata.


Tremo, e non è solo freddo e fatica.


Alzo lo sguardo verso la sommità dell’ascesa e ti vedo ormai scomparire all’orizzonte.


Le distanze ormai ci separano decise.


Mi scruto rivoltandomi attento, cercando di trovarmi addosso, l’ennesima volontà di inseguirti, che so già di non avere.


Questa volta no.


Perlomeno non subito.


Mi fermerò qua, sotto queste fronde accoglienti a rifiatare.


Ad accumulare nuova energia. Fiducia, convinzione, abnegazione. Spalle da irrobustire per carichi da sopportare.


Nuova linfa vitale, carburante, ideali, valori per cui rimettersi in gioco.


Aspetterò che salga qualcuno dal basso e se si fermerà stanco a riposare qua dove il pendio è più dolce,


ne approfitterò per chiedere consiglio.



Gli domanderò dell’amicizia.


Lo interrogherò chiedendogli se l’amicizia ha un limite. Se c’è un limite al perseguimento dell’amicizia.


Se esiste un punto, nel quale il rincorrere deve arrestarsi o se è necessario, un inseguimento a perdifiato ed ostacoli interminabile, senza capolinea e senza traguardo.


Gli chiederò dei rifornimenti intermedi, delle pacche sulle spalle, degli incoraggiamenti e dei risultati parziali.


Lo implorerò di dirmi, se il ritiro è contemplato.


Nel regolamento dell’amicizia.


 



E’ dal primo giorno che ti inseguo, anche se siamo partiti quasi affiancati.


Inizialmente mi mantenevo tranquillo nella tua scia e carico di energie e scatti atletici,


a volte riuscivo quasi ad allinearmi al tuo procedere e vederti di profilo attraverso i capelli mossi dal vento,


fino quasi ad avviare un dialogo semplice, di parole brevi e interrotte e parzialmente perse,


uscite dal fiato corto e filtrate dal vento in faccia.


A volte mi è sembrato che rallentassi nel tentativo gentile di lasciarti raggiungere.


Ti avevo di nuovo affiancata. Ma poi hai accelerato. Scatti, rincorse, controscatti.


Spesso le gambe mulinavano d’inerzia giù per brevi discese, per poi piantarsi di acido lattico al primo risalire.


Ho provato strade e percorsi e metodi alternativi nella speranza di raggiungerti definitivamente, ma ormai mi rimanevano solo brevi istanti di orgoglio e centometri di euforia, quando casualmente, ti vedevo distante,


girarti a controllare la mia posizione.


Ho iniziato a sentirmi svuotato di motivazioni quando il traguardo vittorioso mi è parso definitivamente mancato.


Lungo il percorso era tutto un silenzio di incoraggiamenti e urla e applausi e mi sono trovato a correre dentro una via lastricata di freddo selciato ed edifici, monumentali e cupi, ai lati, arrampicata sempre più in salita e il riecheggiare dell’ l’eco regolare dei miei passi di corsa, era l’unico motivo dentro quel silenzio, spazzato dal vento freddo, che incanalato dall’alto, soffiava contro la mia inutile rincorsa.


Mi sono arrampicato su questo pendio assolato di verde intenso e fresco e aria frizzante di cielo blu, dando fondo alle ultime energie e viaggiando con la luce gialla della riserva prima lampeggiante e poi fissa come un sole abbagliante.


Sono salito con l’aria sempre più rarefatta e la calura a picco, inciampando, rialzandomi e ricadendo infinite volte.


Ho pensato se poteva essere testardaggine ottusa o tenere duro corretto o amicizia estrema o tempo perso o semplicemente prove di vita.


Ho pensato mentre inseguivo ormai la tua ombra, deformata, allungata e stirata e resa del tutto irriconoscibile.


Forse non era nemmeno l’ombra proiettata dal sole davanti agli occhi, forse eri te, cambiata dalla partenza o addirittura svelata nel tuo aspetto originale, ora che la fatica e la rassegnazione, mi hanno tolto il filtro positivo dalla vista.


 



Poi ho raggiunto questa radura, dove ho spento momentaneamente i miei pensieri, le aspettative le speranze.


Aspetterò e poi vedrò se è il caso di ripartire.


Tornare sui miei passi o riprendere l’ascesa.


Forse nel frattempo, col traguardo prossimo, ti accorgerai della mia assenza. Forse.



E magari tornerai indietro, a tendermi quella mano che ho sempre aspettato.

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