CANDY CRUSH SAGA.

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La mia maglietta preferita è anche la più economica e quindi, dopo una serie di lavaggi, ha finito per svasarsi sui fianchi. Ora potrebbe calzare a pennello ad una tizia senza tette ma con certi fianchi fuori forma da nascondere: il fisico a pera va benone per le nature morte.
A proposito di perire e imperizia, Linda non sembra aver apprezzato molto la lectio magistralis che le ho tenuto al primo appuntamento, sulla sostanziale non differenza tra la componente economica presente nell’atto della prostituzione e quella sottoscritta e perpetrata con il contratto matrimoniale. Concetto che, secondo me, lasciando stare i sentimentalismi, dal punto di vista logico ed esistenziale, non fa una piega. Mi ha guardato con la stessa espressione che si ha al mattino davanti allo specchio dopo una nottata di sogni pesanti ed inverosimili, tra licantropi metallici, parenti prossimi sgozzati con rimpianto e francese parlato come madrelingua: cispa sugli occhi ed incomprensione.
Sono arrivata, mi ha detto.
Ed in effetti eravamo nello stesso punto in cui la avevo prelevata un’ora e trentasette minuti prima. Una cedrata Tassoni, un Talisker, il parcheggio nella piazzola carico e scarico dopo le venti, i tigli che odoravano di gente bagnata al riparo sotto le pensiline, l’andata e il ritorno. Il primo appuntamento più veloce della storia.
Allora ciao e grazie.
Le ho guardato dentro la scollatura mentre si chinava per sorridermi, da fuori, attraverso il finestrino chiuso: nessuna traccia della generosità che avevo notato sulla foto tre di quattro del suo profilo su Ugoh. Male, considerato che era stato il motivo principale d’attrazione assieme al quadro di Bruegel Il Vecchio che stava sullo sfondo della foto due. Evidentemente il giorno dello scatto aveva indossato le celebri – coppe in silicone per un décolleté attira sguardi – degli Introvabili Euronova. E forse anche lei compra le riproduzioni dei quadri in stampa economica da Allposters.
La vita è fertile di trucchi per affrontarsi fra partecipanti e di prodotti di bellezza per lenire il peso del senso di incompiuto. Sono gli aiuti concessi dall’Organizzazione.
Linda ha questa bocca annoiata da pesce d’acquario, gli angoli esterni deformati verso il basso da una serie continua di abboccamenti e rilasci, chilometri e chilometri di nulla percorsi e ogni cinquanta centimetri una curva a gomito per evitare di andare a sbattere contro il faccione deformato che osserva al di là del vetro. La stessa espressione dell’icona “triste”, quella classica, non animata, che nemmeno sbatte gli occhi per tentarti alla tenerezza.
Linda, ma se ti pratico del sesso orale?
Linda ha parlato veramente poco: ho questa tendenza a digredire su fatti miei anche personali per la quale dovrei consultare qualche terapeuta, ma, nel frattempo, non che lei abbia fatto qualcosa per interrompermi, nemmeno una cazzo di osservazione sul meteo, un cenno del tipo, sto fingendo di ascoltarti ma in realtà sto pensando dove posizionare il centro tavola a punto e croce che la vicina ha regalato a mia madre. Nulla. Ha continuato a togliere, verificare e rimettere nella borsetta con cadenza ossessivo compulsiva il maledetto cellulare. Ma chi vuoi che ti scriva! Alla fine, nel mentre annusavo il bicchiere vuoto cercando negli ultimi profumi delle torbose terre di Scozia un varco spaziotemporale per teletrasportarmici, lei ha finalmente attivato l’uso del linguaggio: a te piace Biagio Antonacci?
L’ho guardata con la stessa espressione che si ha al mattino davanti allo specchio dopo una nottata di sogni pesanti ed inverosimili, tra licantropi metallici, parenti prossimi sgozzati con rimpianto e francese parlato come madrelingua: turbato.
Una domanda a tranello: la ragazza era forse più sagace di quel che facesse credere? Ho preso tempo. Ho portato nuovamente il bicchiere alla bocca, rovesciando la testa all’indietro per far cadere in gola l’ultima goccia che in realtà non c’era. Dannata evaporazione. Ho pensato. Dichiararsi in possesso di tutta la discografia in originale e con le copertine autografate non avrebbe aperto le cosce nemmeno della miglior ninfomane. Così ho detto quasi la verità: ricordo qualche pezzo di inizio carriera, quando si vestiva sempre con la camicia aperta bianchissima e si sbatteva la figlia di Gianni Morandi. Forse sbattersi è un termine più adatto a personaggi tipo, un Iggy Pop, ecco, ho poi precisato. Non ha colto l’ironia.
E’ il mio cantante preferito, ha detto.
Poi silenzio. Rumori pre notturni di zona a traffico limitato esclusi gli autorizzati. Ho guardato per un po’ il via vai sul perimetro del giardinetto esterno del locale che sembrava essere costituito esclusivamente da ventenni universitari con l’aria di sinistra comprata in stock da Oviesse. Tre tizi con la barba curata, i capelli in disordine e i pantaloni a sigaretta si sono fermati sotto un portone e dopo qualche minuto un tizio con la testa piena di capelli ricci e gli occhiali da secchione miope si è affacciato alla finestra del primo piano urlando, arrivo porcoddio.
Evidentemente era uno degli autorizzati.
Mi sono ricordato di Linda quando l’ho vista stringersi il golfino sulle spalle.
Andiamo? le ho chiesto.
Nell’uscire dal locale ho inciampato con il piede sinistro nella gamba di uno dei tavolini, sollevandolo da terra ma riuscendo nell’impresa di non far cadere nulla. Metà del locale sì è voltato ad osservare. Ho fatto la mossa di chi si deterge il sudore dalla fronte dopo una botta di culo: Linda non mi sembrava ferrata sugli atti involontari quindi non mi è sembrato necessario precisare di quel cd originale di Antonacci che avevo comprato nel 1992.

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