DUE FERVENTI CREDENTI E UN AMERICANO

Sono un uomo morto, pensò. Sì, in effetti il Signor Preston aveva ben poco di vivo in quel momento. Il suo tasto acceso-spento era decisamente su OFF. Come avrebbe fatto a dirlo ai ragazzi? A Bred, Wigan e MariAnne. Come è possibile dire ai propri figli?:-Ehi, vostro padre è un uomo morto!

Lo avrebbero guardato con occhi perplessi e dubbiosi e la testa reclinata di fianco e il mento corrucciato in un espressione troppo adulta, quella di uno che sta pensando “ E questo che diavolo dice, ma è scemo?” e gli avrebbero effettivamente detto:- Ma pa’, sei scemo? Come fai a essere morto se sei qua davanti che ti muovi?

In effetti forse era leggermente prematuro usare un termine metaforico così forte. Bred, il più grande, aveva dieci anni e una concezione della morte assimilata come un lungo viaggio in Europa. Gli altri due se la facevano ancora addosso e quindi inutile spiegare loro motivi e perché del trapasso. La morte sarebbe rimasta lontana per la puzza dei loro pannoloni. Forse avrebbe potuto usare “sono in un mare di guai”. O “ Sono nella merda fino al collo”. Ma non avrebbe reso l’idea. Se uno è morto è morto, non può essere ne a mare,  ne. Bè, ne. E lui era, effettivamente morto.

La sua vita era stesa orizzontale qualche isolato più in la, nell’atrio del loro appartamento in Chosbury Road. Numero 138 barrato, interno dodici, per l’esattezza. Pessimo posto dove morire tra l’altro. La settimana scorsa ci aveva pisciato il cane sopra quel tappeto.

La vita del Signor Preston, Rody per la moglie, Rudolf per il resto dell’umanità, si era accasciata al suolo con un tonfo sordo. Il motore si era staccato dai supporti ed era scivolato a terra precipitando lungo le gambe come entro due distinte trombe d’ascensore, atterrando sul tappeto che ne aveva acuito l’impatto. L’aria compressa era risalita trovando sfogo lungo i vani e si era autoespulsa dalla bocca spalancata nella sorpresa, emettendo un particolarissimo suono che faceva più o meno così:

:-Cristo Santissimo!

Non potendo farne a meno, dato che proprio bisogna, pare sia luogo comune, augurarsi una morte rapida ed indolore. I più esigenti gradirebbero un filo di preavviso. Un paio di minuti a disposizione. Chi per farsi una sigaretta, chi per liberarsi la vescica, chi per avvisare in ufficio che domani non sarebbe andato al lavoro. In ogni modo pare che Rudolf sia stato accontentato. Zac. Secco, stecchito. E chi l’avrebbe mai detto?

Un momento prima sei arzillo al bar all’angolo con i colleghi, due minuti dopo sei dal fioraio a comprare dei fiori, sette minuti dopo sei sotto casa pronto a fare una sorpresa a tua moglie, settantacinque secondi, sei rampe di scale, una chiave nella toppa della serratura dopo, sei spacciato.

La colpa potrebbe essere additabile alla serratura. Se solo non si fosse aperta. O forse alla fioraia. Di solito le fioraie non sono mai in grado di farsi i fattacci loro. Se solo lo avesse bloccato qualche minuto. No. Quella stronza non gli aveva nemmeno chiesto per chi erano le rose. Cazzo di donna sei? E i colleghi? Braccina corte e scrocconi. Nessuno aveva insistito per un goccetto in più. Tutti avevano qualcosa di urgente da fare o qualcuno di importante da raggiungere. Sta di fatto che tutto il creato, sembrava avesse complottato di starsene con le mani in mano, mentre il Sig. Preston andava incontro alla morte. Li dovrebbero sbattere dentro per complicità. Per omissione di soccorso. Magari c’era anche della premeditazione.

A volte la morte si scorda delle buone maniere. Dimentica il preavviso. Che non è cosa da poco vista l’assoluta fondamentalità della visita.

:-Opppsss scusi, mi son scordata di avvisare. Senta, già che ho fatto la strada, non è che mi potrebbe far entrare ugualmente?

Dicono che non si possa rifiutare. Tocca sperare che ci sia l’ascensore guasto per avere quei famosi minuti per le ultime cose.

L’ascensore del civico 138 di Chosbury Road era nuovo di zecca. Appena installato. Un vero fulmine.

Rudolf era morto per schiacciamento. Gli era cascato il mondo addosso. Una gran bella botta. Una scena con la sua comicità a voler essere cinici. Tipo Willie & Coyote. Il masso che precipita dall’alto e pluff, l’orma profonda nel terreno. I suoi ragazzi probabile si sarebbero fatti un mare di risate. Lo avrebbero indicato con l’indice mentre si rotolavano dalle risate sul divano.

La signora Preston, Ornella, madre dei ragazzi e moglie di Rudolf, era la classica donna newyorchese, con origini italiane. La classica figlia di immigrati. Classicismo italiano mischiato con stile metropolitano. Moglie calda e fedele, donna curata, madre attenta, casalinga puntigliosa, cuoca provetta. Cristiana devota. Ecco. Tutta quella smania per la religione era l’unico appunto che Rudolf  le sollevava. La messa domenicale, il volontariato in parrocchia, la preghiera prima dei pasti.

:-Dio Santo, cos’è tutto questo bisogno di fede?, si chiedeva ogni volta.

Ma poi lasciava correre a patto di non essere coinvolto.

E la Signora Preston, di certo non lo coinvolgeva. Anche quella tarda mattinata, quando era successo il fattaccio, aveva lasciato che il marito si dedicasse al suo. Che teoricamente doveva essere una piena ed intensa  giornata di lavoro.

E lui, lui non si sarebbe stupito, a saperla impegnata in qualcuna delle sue attività parrocchiali. E nemmeno quando aveva infilato la testa dentro l’ampio soggiorno in penombra, con il suo mazzo di rose ciondolante in mano e il sorriso convinto ciondolante sulla faccia e l’aveva trovata inginocchiata davanti al Reverendo Chulan, avrebbe dovuto stupirsi.

Quante volte l’aveva vista raccolta in preghiera in ginocchio sul legno consumato dei banchi della chiesa? Quante? Ogni maledetta domenica rubata alle dormite fino a tarda ora, ai picnic al parco e al golf in tv. Ma era un tipo tollerante lui. Cotanta fede aveva convertito le sue più incallite convinzioni di americano medio. Quindi che pregasse pure.

Il problema è che quel che stava succedendo dentro il suo soggiorno, non tornava.

Non era in chiesa e non stava pregando. La sua Ornella. Se c’era qualcuno che stava pregando, lì dentro, quello era Padre Mattew. Il giovane reverendo Chulan, il pastorello di pecore smarrite, il lenitore di anime.

Cristo, se pregava. La pregava di non smettere.

16 Risposte a “DUE FERVENTI CREDENTI E UN AMERICANO”

  1. Ma la polenta con il gorgonzola?

    Steel, mi accodo alla protesta!

    Tutta sta fatica, sto sforzo mentale e poi questo è il ringraziamento! Pfui!!

    Mart, se vuoi ti faccio da zia acquisita, son bravissima a viziare! 😀

  2. NOTA DELL’AUTORE.

    Per tutti quelli che passano di qua e leggono forse il titolo (..se è divertente)e poi lasciano un commento a casaccio, consiglio una visita dall’amica BOXROOM per aderire all’iniziativa.

    “LE DONNE DI MARt FINGONO TUTTE – fingi anche tu di leggere i suoi post!”

    Eviva!

    Vi voglio bene attutti.

    Vado a mangiare la polenta.

  3. che tristezza però!! uno esce prima, fa una sorpresa alla moglie ( che crede una santa in terra )e la trova a fa’se benedì!!! poverino… sono contenta che ti piaccia la nuova versione del mio blog!! anke a me piace di più!! e che se pubblicassi tutto quelo che trovo verrebbero post infiniti!!! oggi voglio pubblicare una cosa che ho letto settimana scorsa a che ha dato inizio alla mia smania investigativa!!!

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