ED ORA A GRANDE RICHIESTA, LA DIVERTENTE STORIA DI QUEL TIZIO MANCINO CHE SI AMPUTO’ PROPRIO LA MANO SINISTRA.




Vikulin, gli dico. Vikulin!

Vikulin non mi presta attenzione. Mastica il cewingum rumorosamente, ciac, ciac, ciac, (come pestare una pozzanghera), e guarda all’indietro il culo della cameriera che si allontana.

Dio     !

Gli ho tirato un calcio nello stinco, vedi adesso come è attento.

Oh è la gamba rotta, mi dice.

Se la è rotta tre anni fa quella gamba e ne fa una ferita di guerra: manco fosse l’unico fratturato sulla terra, manco fosse saltato su una granata. Ne fa una sorta di vanto, sia con i maschi quando trattano di lavoro, (se la è rotta sul lavoro) non parliamo poi con le ragazze. Si arrotola il jeans, fa, guarda qui che cicatrice: neanche tirasse fuori un pisello di venticinque centimetri. Ma ognuno in fondo si mostra per quel che ha: io non mi sono mai rotto niente, per quello sto spesso zitto. Però ho ginocchia e gomiti sbucciati dall’asfalto del campetto del collegio. E una volta mi si è conficcata una spina di acacia nel palmo della mano. L’ho fatta uscire applicando una tecnica chirurgica di avanguardia: un impacco di lumaca tagliuzzata. Povera bestia.

Vikulin, gli dico. Una domanda seria. Vikulin, ma secondo te, sono troppo cinico?

Vikulin che pensa fa un sacco ridere, perché non capita mai. Risponde sempre al volo, di getto, come se fosse ad un quiz televisivo: è’ un po’avvantaggiato dal fatto di avere una o due ideologie fisse, quindi è come pescare da un urna con due palline. O ti tocca una minchiata, o ti becchi l’eresia.

Mi fa, bè considerato che ti vedi un film o due a settimana ma che ti leggi anche un libro all’incirca ogni due, sei un po’ cinico ma forse di più biblico. Quindi non saprei, vedi tu.

Mi sono allungato sopra il tavolino che ci divide e gli ho dato delle pacchette sulla spalla.

Grazie, grazie, gli ho detto quasi commosso. A volte non siamo i migliori giudici di noi stessi perché, pur avendo la massima autorità e preparazione per farlo, abbiamo un velo di abitudine sopra le macchie d’unto che le rende invisibili e intrattabili. Di conseguenza c’è sempre bisogno di qualcuno che ti dica, ehi amico, hai dei prezzemolo tra gli incisivi. Oppure, ehi amico, hai la patta slacciata. Qualcuno insomma che ti renda nuovamente consapevole. Mi solleva non essere così cinico come credevo, perché io alla fine la vita la trovo anche piacevole: inutile ma piacevole. Come una bella donna con la quale ci fai poco all’amore, per fare un esempio. Solo che una bella donna almeno è bella da guardare, la vita a volte no. Anzi è proprio brutta, mi sa che questo non è un esempio che calza molto a pennello. Ma l’importante è che abbiate capito il senso. Non come il senso della vita, che  quello proprio non si capisce. Bisogna darglielo, è diverso, e qui viene il difficile. Il problema, per come la vede il sottoscritto, è che la gente sperpera un sacco di forze per le cose sbagliate. Oppure non ne sperpera proprio e rimane lì, in balia degli eventi, come una banderuola con la sagoma del gallo in cima al tetto. Capace che ti si poggia un piccione e ti caga pure in testa. Non sono cose belle a dirsi e quando le capisci finisci per diventare cinico, allora si, oppure lo sei già da un bel pezzo. Non è che uno si atteggi, come ci si può atteggiare per fare gli intellettuali, per dire. A volte basta solo un buco nel calzino della sensibilità e sei fregato. A me sembra impossibile non notare questi malcomportamenti qui, e per questo a volte sono anche triste. Non so se sono più triste per il fatto di notarli, per il fatto che gli altri non li notino, o per il fatto stesso che questi comportamenti possano essere possibili. E’ un bel dubbio solo questo dubbio, quindi meglio pensare ad altro. Tipo a stare allegri e godersela un po’. Per questo infatti mi vedo con Vikulin. Vikulin è così leggero che a volte mi viene il dubbio che lo abbiano gonfiato con l’elio come un palloncino. In effetti è anche così tondo che potrebbe davvero essere un palloncino. Un giorno proverò ad attaccargli uno spago e a darlo in mano ad un bambino.

Dio    !

Vikulin mi ha tirato un calcio nello stinco.

Cazzo c’è, gli dico. Non mi posso lamentare perché non mi sono mai rotto niente, tanto meno la gamba: però potrebbe avermela rotta lui adesso. Un po’ di sensibilità, vorrei dirgli anche. Il calcio nello stinco è il nostro richiamo.

Ehhhh, mi fa lui, stai li sulle nuvole che ti perdi il bello.

Mi indica con un cenno della testa qualcosa alla nostra sinistra. Ci giriamo entrambi contemporaneamente che se ne accorge tutto il locale. Un po’ di discrezione dovrei ricordargli, ma è pur sempre un fratturato, non bisogna riprenderlo troppo. Ne ha viste di tutti i colori. Inutile dire che l’attenzione era rivolta ad una tizia ben pettoruta, seduta di fresco. Vikulin non si scompone per niente al di sotto della quarta misura, a suo modo è cinico anche lui.

Vikulin, gli dico, hai sentito di Pietre Pietrov, quello che ha perso la mano?

A poker? mi fa.

3 Risposte a “ED ORA A GRANDE RICHIESTA, LA DIVERTENTE STORIA DI QUEL TIZIO MANCINO CHE SI AMPUTO’ PROPRIO LA MANO SINISTRA.”

  1. ma ‘sto Vikulin con la sua propensione verso l’anatomia femminile espansa, ha poco di biblico e di cinico, mi sembra un gran puttaniere (giustamente!) una terza via insomma che passa tra le tette e il poker …come dargli torto,

    ottimo personaggio

    la kristof interessa, e provo a cercare i tuoi appunti …ah buon rientro dalla CERMANIA 😉

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.