Al paese è difficile che la morte ti colga di sorpresa. Se non altro per il fatto che uno stato che molto le assomiglia, ti accompagna giorno dopo giorno. Sul lastricato e nei vicoli le ombre sono più nere che altrove e ti stanno sempre alle spalle furtive camminando sulle punte. La morte ha l’alito di dentrificio alla fragola per bambini. C’è il rischio che il giorno buono uno manco se ne accorga e finisca per perdersi l’evento. Che noia, il solito torcicollo anche oggi. Correre nudo per la strada al dodici gennaio, dormire al fresco di una betulla a luglio. Modi per sentirsi vivi. Per il resto meglio non guardare, meglio non sentire. Un vecchio si avvia ciondolante ad un funerale. Una buona mezz’ora di anticipo. Non è il suo ma il rischio di uno scambio è effettivo; era il vecchio di destra o di sinistra? La morte può diventare un occupazione, un passatempo interessante, quando la noia esistenziale ti affligge. Ai funerali i vecchi rimangono fuori sul sagrato o nelle file di fondo. A parlare del tempo, della campagna, degli acciacchi del morto. Ma si vergognano dei propri malanni; occultano, celano, falsano. Fino alla fine. Ho questi reumatismi che non mi danno tregua. E’ per quello che ti ho incontrato ad oncologia?La sopravvivenza fisica diventa il loro credo, a Gesù Cristo sono solo abbonati e guardano le figure. Profumano di brillantina e della naftalina degli armadi, il vestito buono per le occasioni buone; i vecchi del paese sono il primo concepimento della robotica, i primi tentativi grezzi di tecnologia. Dieci anni di affamato svezzamento, cinquanta di lavoro e poi l’attesa dell’autobus. Ora trovate le differenze con il termine VITA, inteso nel suo significato effettivo. Sono trecentosettantatre, barratele con una croce. Dentro, la chiesa, è piena di vecchine dagli arti corti ma delle frequenze veloci. Nonne obese di figli e di nipoti. La conoscono a memoria la ricetta, ma non si stancano mai; la noia celeste è un sacrificio doveroso. Ma è una questione di tenace abitudine e non di fede, insegnamenti impiantati sottopelle, aggrappati testardi come una zecca. Hanno abbandonato una torta già impastata, le verdure del minestrone da tagliare per correre al capezzale del morto. Piè donne per le litanie. Un mestiere che cerca nuovi adepti, nessuno lo vuole più fare. Mandate il vostro curriculum, qui non ci sarà mai precariato. Per partecipare come semplice pubblico prenotatevi allo 02. 250377. Scusa Renata, chi è il morto di oggi? Cielo, tuo marito! Con tutti questi morti questa settimana manco una pasta al forno ho potuto cucinare. Una volta si moriva di meno e gli inverni erano più rigidi. Al paese della morte parlano tutti perché se i giovani hanno problemi di dialogo e comunicazione, i vecchi non sono da meno. Ma a loro piace darsi un certo tono. Argomenti seri. A noi invece ci continua a piacere la fica. Forse moriremo contenti.
guarda, l’importante è non morire sano…..
beh, però, se ci pensi bene, per loro ogni morte è l’avvicinarsi della fine, la propria.
Quello a cui noi giovincelli non pensiamo e la morte degli altri è semplicemente la morte e ci tocca fino ad un certo punto.
Guarda bene, il bianco e nero c’è ancora.
mmmm
anche gli zombie hanno il loro fascino, a sentire i giovincelli….
però c’è quel qualcosa che non li fa demordere…sarà la fame?
Anche a loro piaceva. Farsi durare certe cose il più possibile, è questo il segreto, no? Sun on you
Mi occupo di diritto del lavoro, sindacale e previdenza sociale, raramente di diritto penale, che resta però la mia passione primordiale.
Il diritto civile strictu sensu, e i diritti di proprietà poi, mi stanno pure un pò sulle scatole. (Ho dato, buona giornata)
Apperò! Ma la messa dal mini S. Pietro della MiniItalia l’hanno già fatta? E’ che son curioso…
E soddisfatti.
…in principio era la fine, da quella si nasce con quella si muore …si abbina bene con il post city
😉 saluttammo doctor Mart
eh già.
proprio un bel morire contenti 🙂
Ma chissà cosa ha ispirato questo tuo scritto, mi incuriosisce.
ottima chiusa, eh.