ELETTROSTATICA NOTTE

Non è che la stavo proprio baciando. Le stavo tendenzialmente assaggiando quella sostanza vischiosa e luccicante che le ragazze ultimamente si spalmano con un pennellino sulle labbra. Al posto o sopra il rossetto. Questo, di preciso, non lo so. So solo che quelle labbra bagnate ed ad effetto canotto mi attizzano molto. Parecchio. Le trovo molto oscene. Porno provocatrici. Lo so. E’ ora che inizi a badare a lati più sostanziali e sostanziosi del genere femminile. Ma le tette in genere le guardo già per prime. Oltre questo al momento non sono in grado di spingermi. La donna attualmente è un elemento del paesaggio davanti al quale mi muovo. Nessun contatto con l’orizzonte. C’è una regia occulta, che gestisce e organizza il cambio delle scene. Le ragazze continuano a vivere attorno a me senza interagire.

Mi chiedo come resistano. Senza particolari sforzi.

Da parte mia mi limito ad osservarle con la stessa intensità con cui si ammira un tramonto o un profilo innevato. Sono molto sensibile alle bellezze naturali. Ma dico. Avete mai parlato con un palla arrossata o con un diamante di ghiaccio? No, è evidente. Quindi non vedo perché dovrei sforzarmi.

Il tipo che dorme dentro di me, è un vero idiota. Ha un timore reverenziale del sesso fisico. Non riesce a portare a fondo le scappatelle notturne. Inevitabilmente si trasformano in sognus interruptus. Ogni qual volta l’atmosfera si sta scaldando, lui stacca la spina e game over. Non gli piace perdere. E’ un perdente.

Sta di fatto, che in un raro momento di sonno vero, la stavo baciando. Non è che la stavo proprio baciando. Le stavo tendenzialmente assaggiando quella sostanza vischiosa e luccicante che bla bla bla… I due poli della presa si sono sfilati dai tre fori che ho sulla schiena. Mi sono sentito mancare. L’energia. Positivo, terra, negativo. Lo schermo si è fatto nero. Dalla finestra entra già qualche spiraglio di luce. Sono di nuovo sveglio. E’ già mattina. Forse un ora di sonno su sei passate orizzontale. La stanchezza lotta senza speranza contro l’adrenalina. O forse è nervosismo? O troppo alcool in circolo? Provo a schiacciare le palpebre e sento un formicolio di pixel di immagini, che sfrigolano come olio in padella, ma che non se ne vogliono andare dalla mia mente. Schiaccio più forte e sento la pelle ai lati degli occhi tremare in un nevrotico movimento autonomo.

Non capisco quale parte di me sia stanca e quale sia perfettamente sveglia. La mente sta lavorando ininterrottamente senza che le abbia impartito alcun ordine o richiesta. La sento picchiettare sui tasti con la frenesia di una dattilografa. Ogni sette secondi il carrello scorre e va a capo. Le somme si accumulano. Il rotolo di carta scivola fuori come una lingua inciso di dati inutili e si accumula sulle spalle in boccoli riccioluti. Monetine di amianto e pensieri radioattivi sprizzano e tintinnano ovunque sul pavimento. Zio Paperone le impila per valore dentro il deposito. Sulla facciata frontale c’è una P enorme doppiamente barrata in verticale.

Ho voglia di dormire, ma per pur su quale fianco mi giri, la mia testa è sempre occupata altrove con il resto del mio corpo. Ovviamente di ritornare dentro sopra e in fondo a quelle labbra voluttuose non se ne parla proprio. I sogni migliori sono una fiction di una sola puntata. Finiscono come finiscono e non riprendono mai più. Stroncati dalla critica e dai dati auditel. Il mio protagonista esce di scena sempre entro la prima pausa pubblicitaria. Poi lo mettono a vendere popcorn.

Prima della notte insonne eravamo per contrasto poco svegli e con i riflessi annebbiati, sul solito lato del bancone. Ci sono decisamente troppi giovani in circolazione. O forse, per quanto sono uguali, è sempre lo stesso in continuo movimento, molto bravo a riempire gli spazi. Siamo una presenza ingombrante e redditizia nella calca appiccicosa e sudata del bancone e difendiamo le posizioni con lavoro abile di gomiti e anche. Una strenua difesa del territorio, tutto ciò che ci resta. Forse sarebbe più semplice farci sopra pipì. Qui non servono vino ma solo frettolosi cocktail variopinti e bottigliette di alcool generico. La cosa avrebbe la sua importanza se il livello culturale della clientela fosse di un certo livello. Ma l’aria stagna di pubertà, ormoni impazziti e acne giovanile. Andrebbe bene anche del latte in polvere. Ordino una serie di Sesso Sulla Spiaggia. Fuori ci sono pile di neve e il mio stomaco ha bisogno di schiuma attiva stura lavandino.

Le bariste del locale sono un enciclopedia illustrata dei difetti fisici.  Fianchi abbondanti, sederi extra large, pance da quinto mese, facce ubriache e lucidità mentale in stand by. Ma ognuna ha il suo specchietto per le allodole, trucchi da prestigiatore, che le fanno lievitare all’occhio del cliente.

Le donne non sono sceme. Gli uomini sono scemi in partenza. Le donne con un seno abbondante si risolvono le serate e la vita. Un uomo, di un cerino, spesso riesce a fare un incendio doloso e rimanervi bruciato. Le donne non sono sceme ma alla distanza vengono smascherate e dovrebbero sapere che un cieco, per quanto non possa vedere, non è del tutto idiota, e manda avanti il cane.

La vita è fatta di compromessi. Si accettano imperfezioni, ci si traveste da mediatori. Ci si innamora per ammazzare il tempo. Si vende il cuore per del buon sesso. La vita potrebbe andare peggio. Poi scopri che la tua ragazza porta una prima. Io ho tre diottrie e mezza per ogni occhio. Ma odio i cani.

Lei è seduta sullo sgabello, vicina al bancone, ma anche in mezzo alla calca. Ha le labbra lucide e dense. Appiccicose di un collante commestibile. Mordo il bordo del mio bicchiere, ma non è la stessa cosa. Assaggiarle sarebbe un sogno. Smettiamola con i sogni per favore. Che poi tocca sempre svegliarsi per evitare figuracce. Forse dovrei svegliarmi ora e darmi una mossa. Ha delle gambe toniche fasciate in un paio di pantaloni neri di lana cotta a righe sottili rosse e bianche verticali che tiene dischiuse mentre siede. Mi infilo leggermente e con finta involontarietà all’interno di quell’abbraccio caldo godendomi il contatto appena accennato del mio esterno coscia con l’interno delle sue rotule. Sento uno strano calore risalire lungo il corpo. Posso immaginare quale ne sia l’origine. Non ci voglio pensare. Ci voglio pensare. Meglio che non ci pensi. Massì pensiamoci. Mi da l’idea di stare in piedi davanti al forno elettrico a cottura ultimata. Lo sportello abbassato, l’aria bollente della cottura che ti investe. La fragranza stordente ti prende le narici e attiva i ricettori della fame nella testa.

Mi sta salendo un deciso languorino. Ho bisogno di nutrirmi. Qui c’è un delizioso bocconcino. Ma ha bisogno di essere cucinato per bene prima di poterci affondare i denti. A fondo come dentro una preda. A pensarci non sono mai stato ai fornelli. Preferisco farmi viziare. E’ notte. Tra qualche ora al risveglio qualcuno avrà cucinato per me. Chissà se avrà lo stesso sapore. Forse è la fame che non mi ha fatto dormire.

15 Risposte a “ELETTROSTATICA NOTTE”

  1. … guarda che il gloss fa un po’ schifo… fidati, me lo mangio quotidianamente, il lavoro mi impone trucco e bella presenza… però quell’uscita geniale te la concedo… ci si innamora per ammazzare il tempo… cosa non si fa per ammazzare il tempo?

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