GIANNINO.


Al paese di Darna, ce ne è di gente strana. La statale ci sfila in mezzo lastricata, diventa un budello ad ostacoli, come un’arteria col colesterolo alle pareti, e nessun Little Tony a bersi un salutare jogurt. Cuore matto. Ti tocca guidare talmente prudente, che hai tempo di osservare bene. Slow motion. A Darna perfino i gatti non sembrano tutti in bolla. Attraversano la strada con la flemma di un vecchio del sud, ruffiani come una vicina di casa del nord, strascicando i polpastrelli felpati sui sampietrini, come una nonna con la flebite che ciabatta sul palchè. Nel mentre di tutto questo, ti fissano con aria di sfida al pari di un pedone metropolitato, ben certo dei propri diritti di prelazione sull’innervosire. Frequente li trovi direttamente seduti in posa egizia sulla striscia bianca di bordo strada. Sfrontati come un vecchio paracarro in pietra, incombenti e votivi come un bronzo lungo una appia della Roma imperiale.

E i gatti sono niente. Dovreste vedere la gente. Sembra un borgo di picchiatelli. Forse troppo esposto al vento, o con un elettrodotto a bassa quota incombente, magari più semplicemente con troppi rapporti incestuosi negli anni che furono, cromosomi imparentati troppo in confidenza, e adesso, strane lacune che vedi, leggi, non ignori, su facce sghembe, capelli isterici, dentro strati a cipolla di un vestire al limite del trasandato, dietro occhi a volte troppo svelti, altre semplicemente fissi, lontani, assenti. A Darna un filo di normalità lo scopri fra gli stranieri, gente insediata da poco, tra qualche giovane vestito ad una presunta moda, tra le ragazze, carine, piacenti o clamorosamente brutte, che se la tirano, come, più, che in altri posti e ti guardagno in cagnesco, così, come primo presupposto di un impossibile contatto. Forse la più normale, e questa è davvero grossa, è una tizia albina che qualche volta si vede in giro. Una pecora nera atterrata in un gregge di bianche neozelandesi con il vizio delle lampade abbronzanti, e il cane pastore, che si chiede dove stia la normalità. Una svedese ossigenata, diretta in Romagna, e rimasta bloccata, chissà per quale sfiga, in questa terra di mezzo, dove gli alberi non parlano, le paludi non ribollono, ma qualcosa di strano c’è, un segreto collettivo nascosto, un inceppamento temporale, l’effetto collaterale della noia, sfatti, orrizzontati, due di bastoni, occhi sbarrati, soffitto, tremorio degli arti, overdose.

All’inizio del paese, per la verità ancora prima del cartello che ne delimita l’inizio, quindi, in un apparente zona franca, c’è il casermone dei Baccani Contini. Teoricamente, nell’idea del progettista, e si suppone, dei vanitosi commitenti, doveva assomigliare a qualcosa tipo una villa, una residenza di lusso. Lo stemma di famiglia in cemento armato e balconi fioriti, in perenne memoria. In realtà, per la sua mole rigida, ricorda più un albergo di quei posti poco turistici, dove gli alloggi per vacanzieri, appaiono più una cosa dovuta, come un punto di pronto soccorso, una piazzola di sosta per viandanti, che una vera operazione commerciale. Nella sua goffagine estetica, ricorda un ciccione in abiti fantasia, che tenta inopinatamente di mostrarsi elegante, sopra uno sfondo nero. I Baccani Contini sono la famiglia più ricca di Darna e lo danno volentieri a vedere….


(..to be continued)

Una risposta a “GIANNINO.”

  1. ‘giorno o meglio sera, sior Mart che usciamo or ora dalla miniera…il lavoro ci ammorba e ci costringe all’angolo…

    però questo giannino ricorda molto da vicino tale Oscar Giannino un dandy retrò dagli abiti gessati e con il bastone di legno dal pomo d’argento …opinionista economico pare…dicono…

    Mi sembra di capire però che si può essere ricchi quanto si vuole, ma la classe non è acqua e non per nulla tal Briatore ha per yatch un rimorchiatore e va in giro con le babucce ai piedi…insomma tipo Baccani Contini, un’ostentazione dell’indole del truzzo

    salutammo 😉

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