GIUNTI AD UN BIVIO

Lo so. L’idea di uscire con lei ti preoccupa seriamente.

Preoccupazioni infantili.

Si, non è solo il fatto che è così giovane.

Non sono i silenzi che potrebbero riempire l’abitacolo, senza coprire la musica in sottofondo. Perché, di cosa parlerete poi? Ti verrà tutto cosi spontaneo? Fin’ora hai avuto un autonomia massima di cinque miseri minuti scarsi.

E non è solo il dubbio dove portarla. Hai alla fine quella ristretta cerchia di tre o quattro locali e non sai nemmeno che preferenze abbia.

Figurarsi. Non è nemmeno il timore di un rifiuto poi. No, questa volta è diverso. Ti sembra diverso per una volta.

Ora non ci sei già affondato dentro fino alle ginocchia. Ai i piedi ben saldi, sul terreno gelato dell’inverno.

E’ solo questione di questo strano feeling da verificare.

Gli hai accennato a quest’uscita e lei sembrava felice. Direi quasi entusiasta. Probabile non ha intravisto, tra le pieghe delle parole, quel tentativo riuscito, di non affondare il colpo e tenersi uno spiraglio, una via d’uscita all’ultimo istante.

Non ti sei sbilanciato, solo sporto un pò in avanti, in osservazione.

Cose molto interessanti ti hanno colpito alla vista, canti sensuali di sirena dagli scogli stanno turbando il tuo viaggio. Ma ancora un laccio ti tiene bloccato all’albero maestro del dubbio. Non è servito implorare i compagni di viaggio di slegarti. E’ un nodo che potresti sciogliere semplicemente da solo, se solo ne avessi la volontà.

La sua vicinanza ti turba e ti stimola al contatto. Un desiderio di fusione istantanea. Silenzi e semplici respiri. Sere languide e abbracci caldi. Mani che si uniscono e passi che scorrono. Occhi e pensieri solo per lei.

La sua lontananza ti fa assaporare la libertà. Piccole paure sono insorte.

Futili paure, che però sono la tua semplice vita.

Le uscite con gli amici, i pensieri sconci, cazzate e bevute in libertà. Ragazze da sbirciare. Commenti da fare. Orari da non dover rispettare. Nessun obbligo di dialogo, nessuna risposta da pensare. Nessun legame fisso, libero di svolazzare di fiore in fiore, di scegliere quello più colorato.

Questa è la tua strada principale, quella sulla quale hai corso, a volte camminato. A giorni ti sei seduto, sul ciglio a riflettere. Una strada, poco impegnativa all’apparenza per la guida, fatta di lunghi rettilinei ma paesaggio a volte piatti, desertici e ripetitivi. Nessuna stazione di servizio per fare il pieno di energia, nessun motel al quale ritemprare anima e fisico. Solo autosufficienza e obiettivi e stimoli, trovati lungo il percorso.

Poche volte, la hai abbandonata, per stradine laterali, che sembravano portarti verso vallate, dall’orizzonte rigoglioso ed invitante. Hai svoltato di slancio, senza mettere la freccia, tra le imprecazioni di chi ti seguiva.

Poche centinaia di metri, il tempo di trovare i primi ostacoli apparentemente invalicabili, o di renderti conto che si trattava di un miraggio, creato dalla sete estrema, di novità.

Una volta ti sei inoltrato.

A tutta velocità, ingranando marce a fari spenti nella notte.

E ti sei schiantato, rimanendo in panne e poi in riparazione all’officina.

E in convalescenza in un ambulatorio, asettico di vita, verde di piastrelle e tremolante di luci al neon.

Ripartito speranzoso dopo una lunga sosta, lungo lo stesso percorso accidentato, fatto di tratti a volte scorrevoli e paesaggi nuovi alla vista, e altri troppo accidentati ed insicuri di lande inesplorabili e dolorose, sei arrivato infine.

A vederla.

Il cammino si presentava finalmente, sotto le spoglie di un apparente discesa invitante, veloce e repentina, che scivolava unendosi, all’orizzonte, all’alba promettente di un nuovo giorno.

Hai accostato sulla destra, tentennato, pulito il parabrezza per una visuale più nitida, addirittura sceso a controllare, nel vento che soffiava sulla cresta montuosa, a scrutare, abbagliato dal sole che sorgeva giù nella valle, la DESTINAZIONE.

La hai osservata e messa a fuoco, finche il sole è salito su verticale, a scottarti la testa e inaridirti la gola. Il vento costante, portava attraverso, ululati di lupi, iene e sciacalli.

Alla sera, quando il sole alle spalle, ha proiettato la tua ombra di fronte, nera sulla vetta arrossata del tramonto, deciso, sei ritornato sui tuoi passi.

Percorso a ritroso il percorso fatto con tanto sforzo, hai nuovamente svoltato, immettendoti nuovamente sulla tua strada principale.

Indefinita e senza meta, ma con compagni di viaggio affidabili, profili ai lati ormai noti e cartelli indicatori.

La stai percorrendo nuovamente da giorni e giorni ormai.

Giorni felici, fatti di piccoli entusiasmi e soddisfazioni, distillati da eventi apparentemente insignificanti.

Autostoppisti a farti compagnia, qualche abbandono, nessun incidente di percorso, il motore in piena forma che mulina a pieni giri.

E nuovamente giunto ad un bivio.

I cartelli lo stavano indicando da qualche tempo. Segnalazioni luminose che ti lampeggiavano negli occhi, come un cartello mobile, nell’autostrada notturna.

Continuando a viaggiare, ci hai riflettuto in questi ultimi chilometri.

Abbandonare nuovamente questa ampia striscia asfaltata di fresco, libera da controlli, nessuna volante in pattuglia, sorpassi a destra, gomme fumanti e limiti di velocità infranti, per una nuova via laterale, che le prime analisi sulla cartina, le prime indagini sul navigatore, ti prospettano sì, sinuosa e invitante, ma solo nel tratto, apparentemente conosciuto?

 

Lunedì sera hai svoltato a destra.

Nonostante la strada fosse già bianca e scivolosa di neve e vortici imbizzarriti di cristalli, turbinassero nella luce arancio dei lampioni, viaggiandoti rapidi contro gli occhi dietro il parabrezza, creando movimenti allucinogeni troppo intensi, nei quali, la mente, faticava a tenere la direzione.

Hai deciso di correre il rischio, viaggiando lento per discese ripide, frenando lentamente su curve a gomito, slittando su salite impervie e trattenendo il respiro in sorpassi azzardati. Dovevi assolutamente vederla.

Hai viaggiato senza calcolare i rischi, con l’unico pericolo reale materializzato per la mente, di non riuscire ad organizzare il vostro incontro di sabato. Il suo numero. Un punto di incontro. Dettagli. Orari. L’unica cosa di cui hai bisogno.

Un improvviso desiderio delle sue braccia, come sbarre verticali di una prigione dorata, dietro le quali arrestare il tuo viaggiare indefinito.

Scese di corsa le scale nel seminterrato, infilato nello spogliatoio, cambio d’abito, qualche saluto fugace e sbadato.

Lungo il corridoio in ispezione, lo sguardo che cerca il suo, sbirciando fintamente indifferente e asmaticamente ansioso, all’interno delle quattro sale.

Niente occhi scuri dietro frange di capelli biondi.

Niente sorrisi bianchissimi.

Nulla corrisponde. Sono le diciannove. Arriverà. Ti impegni nelle tue solite serie del lunedì per distrarre il pensiero.

Uno, due, tre, quattro….undici, dodici tred…..merd….

Uno, due, tre, quattro….nove, die…..uuuaagghhh

Uno, due, tre, quattro….sette ott…..cazzoooo..

 

Fiato corto e esci sul corridoio. Ispezione. La solite facce. Oggi sei poco disponibile per altre chiacchiere.

Ti liberi in fretta. Vuoi tenerti pronto.

Ore diciannove e quindici. Nessun segnale. Arriverà, c’è ancora qualche possibilità.

 

Scene che si ripetono.

Ore diciannove e trenta.

Ore diciannove e quarantacinque.

Ore venti. Ormai è andata.

 

Ore venti e trenta. Ultima serie. Ormai la mente non pensa ad altro.

Uno, due, tre, quattro….undici, dodici tred…..merd….

Uno, due, tre, quattro….nove, die…..uuuaagghhh

Uno, due, tre, ………..Vaffanculo.

 

Esci fuori nel parcheggio e il calore assorbito della doccia, trasforma il contatto con i fiocchi, che scendono ancora copiosi, non più in vortici ma in dritti sciami verticali, in leggeri contatti con petali caldi e vellutati.

Il percorso per il rientro, pare difficoltoso, ma con attenzione, sai di poter ritornare, su strade sgombre.

Sarà un ritorno solo fisico, perché mentalmente ormai, hai svoltato.

Certo, non è stato un gran inizio. Una strada deserta e nemmeno illuminata in una notte coperta. Dai finestrini, nemmeno una stella da prendere come orientamento o come compagnia.

Sei in sosta sul ciglio della carreggiata, dentro un avvallamento ripido, in fondo al pendio di due colline opposte, dal quale non puoi vedere, ne negli specchietti il bivio dove hai svoltato, ne attraverso il parabrezza e in fondo ai fasci luminosi dei fari, la DESTIANZIONE.

Spegni, e lasci che sia, il ritmo delle quattro frecce che lampeggiano d’arancio nel nero senza forme, a scandire il tempo dei momenti che avranno a venire.

9 Risposte a “GIUNTI AD UN BIVIO”

  1. sono un pò tonta probabilmente…e adesso anche un pò stanca…ma siete usciti o no? bel post comunque, con un riferimento alla sirena non poteva essere diversamente!…ciao mart.

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