IL SILENZIO DEI COLPEVOLI.

Ad un certo punto erano finite le tette, i culi, i tipi sfigati fidanzati con le gnocche, le critiche agli assenti, gli sfottò ai presenti. I ricordi di vecchi sketch, papere, scivoloni su bucce di banana, il numero dell’assistente segata a metà, i doppi sensi, la cronaca rosa, il calcio, le automobili, una torta in faccia. Causa frequentazione pluri annuale il tutto era sintetizzabile in una ventina di minuti effettivi di interscambio vocale. Alcune battute venivano solo introdotte. La prefazione a cura di. Tanto per non infierire. Poi erano iniziati i primi silenzi. Nei primi silenzi ci si dedica in genere alla perlustrazione visiva individuale. Per questo trovo preferibile frequentare dei locali affollati. A volte capita che qualcuno con più attenzione, trovi inutilità sfuggite, buone per rilanciare un’altra mano. In genere una mano che risulta più breve. Mano dalle carte scarse. Poi i silenzi si fanno sempre più assordanti. Rimane una tizia dal profilo greco, con un perizoma che le spunta dai jeans. Due sottili fili di tessuto verde mare orizzontali, uniti da un anello argenteo. Un numero ormai troppo abitudinario. La gente mette la mano davanti alla bocca mentre sbadiglia. I sei tengono gli occhi bassi, tipo che fanno finta di non conoscersi. Uno fischietta, uno sembra che gli è morto l’ennesimo cane. Il più disincantato si gratta il pacco. L’unica tizia si conta le dita delle mani due volte, perché la prima gli tornava nove. Il suo fidanzato che l’ha delusa si lecca le ferite di una scopata persa, ma ha buoni motivi per non parlare. Mi domando cosa provino le persone in questi frangenti. Sono combattuto fra l’assolutamente nulla e una vergogna che ancora si riesce a mascherare. Tutto sommato la Costituzione prevede la libertà di parola ma non l’obbligo. Ma non è questo il caso. Questo è l’antibagno sul vuoto di ideali. Ho un magone che mi sale in testa, un insensato obbligo a spezzare questi silenzi. Sarà questa arrogante ma vana gloria di sapersi superiori – per contenuti, possibilità e utopie – a non lasciarci indifferenti? Al farci sentire obbligati a perpetuare questa causa? Il silenzio è devastante e mi sussurra – non saresti dovuto, ma fallo. Erano finite le tizie di chiesa che sotto sotto sono delle porche, i tizi ricchi che cuccano per i soldi, la debilitazione del lavoro, le mezze stagioni, le stagioni intere, le stagioni parzialmente scremate. Il tizio con la tunica bianca aveva fallito l’ennesimo tentativo di moltiplicare la lager, i miei amici continuavano ad essere degli ignorantelli fascisti. Era tutto un eutanasia mal riuscita che si trascinava lunga col culo sulla neve di Milano. Mi sentivo addosso una gran responsabilità e tutti i mezzi per poterla agilmente soddisfare. Avevo dialoghi per ore ma interlocutori disponibili per secondi. Arrivano dei momenti in cui si può decidere di darsi ai meritevoli e gli unici sul mercato si scopre essere se stessi. Non è detto che il silenzio sia dato dall’assenza. Decisi che avrei parlato più tardi con la mia solitudine. Poi sono entrate due over trenta decisamente a caccia di manico.

18 Risposte a “IL SILENZIO DEI COLPEVOLI.”

  1. buon fine settimana Mart, raduniamo un po’ di cosucce e usciamo finalmente all’aria aperta e alla luce del sole …disincantati e fischiettando… 😉

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