ISABELLA.

Le donne sono sognatrici romantiche. L’uomo fantastica la fama. Questione di sensibilità. Le ragazze attendono il principe azzurro mentre il maschio è impegnato in lunghe orge sudate. Cavalli bianchi e cavalli motore. Diverse applicazioni dell’irrealizzabile. Non potevo sapere cosa si aspettasse Isabella al nostro primo incontro, ma supponevo un anello tempestato di diamanti. Aveva delle labbra sottili, nobiliari, tinta roseo pallido, che lo lasciavano presagire. Mi presentai con la fronte tempestata di brufoli. Dannati insaccati. La vidi perplessa. Avevamo parlato a sufficienza sin li, per credere di conoscerci. Ma per quanto mi riguarda mi ero tenuto dentro il suo raggio d’azione buono buono. Nobili sentimenti, famiglia, morale, bambini nel prato inglese, rispetto per gli anziani, cucina hi-tech, collezione autunno-inverno, praline al cioccolato con scaglie di nocciola. Non mi appartenevo, ma dovevo appartenerle. Spaccio legale di finzione per acquisizione di distrazioni umide intercosce.
– Dipende tutto dall’ interpretazione del termine amore che uno ricava, acquisisce ed assume, come origine e bussola delle proprie intenzioni, le dissi a freddo, tenendo la fronte ben alta, come stessi guardando, qualcosa al di sopra dell’orizzonte. La maggioranza delle persone dimentica di farlo, accetta la definizione altrui per partito preso. L’individuo spande autonomia, fori di largo diametro come un groviera, ma apparentemente inindividuabili e a ridotto impatto. Quel poco che abbiamo ci cola sfuggevole di dosso copioso come da uno scolapaste, ma non ci bagna i pantaloni. Per questo non ce ne rendiamo conto, ci lamentiamo solo quando siamo a secco sul ciglio strada. Questa era la prefazione alla mia presentazione. Ne era perplessa e non sembrava voler proferire parola. Presi il silenzio come un autorizzazione a continuare. Ci incamminammo verso una meta.
 – Vedi, le dissi, l’amore, individuabile ed indicabile come sentimento a se stante, composto e definito da parametri univoci e propri, non esiste. E’ la somma di un numero non definito di altri sentimenti umani, variabili nel caso. Ed è proprio dal tipo di considerazione che ciascuno pone  – o dovrebbe porre – nei confronti di queste singole emozioni che si creano da un rapporto, che dovrebbe sorgere la definizione del termine. L’univoca visione personale. Mi guardava di tre quarti, mentre camminavamo affiancati, una leggera inclinazione del viso verso l’alto, la superavo in altezza. Sembrava aver infranto la fase del non capacitarsi ed essere entrata in una di analisi. Stava immagazzinando dati, predisponendo una risposta. Supponevo. Mi dava l’idea di un accatastamento vagamente indispettito. Ero cartaccia, rotocalchi. Continuai. 
– Aimè, dissi, differentemente da quel che ci si aspetterebbe dal bagaglio delle sue esperienze, la storia porta in eredità una visione pressoché univoca dell’amore. Non si lascia, non ci lascia alternative. Visione di lungo corso, esclusivamente monogama, con apice iniziale di emozioni e lungo strascico finale di decadimento. Questo è quanto. Leggere variabili concesse a seconda delle capacità dei protagonisti. Il fasto del termine, ad un analisi neppur troppo attenta, è del tutto immeritato. L’amore nella sua visione classica, è di una tristezza e di una noia innegabili. Lo si dovrebbe rinominare con un termine con più controindicazioni, meno rosa pastello, meno diabetico. Se vogliamo che alla fama del termine corrisponda un oggettivo sublime stato dell’individuo, l’amore dovrebbe interrompersi al primo insorgere di elementi di stabilità. L’amore ha vita breve, i giorni contati. Lo zucchero deve essere dolce,  in un litro d’acqua diventa acqua zuccherata. La zolletta sulla lingua, è la corretta rappresentazione/definizione del termine. Questa è la mia interpretazione personale.
La osservai, stringendo le spalle come a dire. Non ci posso fare nulla, ma almeno è la mia. 
– Per la precisione, aggiunsi, naturalmente la durata e la perpetrazione del rapporto, è variabile in base alle qualità degli individui ed ai loro sforzi. La stabilità può essere vinta con immane sforzo solo da animi nobilitati. E’una lotta impari, l’anticipazione dell’inutile battaglia per la sopravvivenza. Contro la morte.
La osservai mancare un passo, come ritrarsi davanti ad un aberrazione.
– Sono per la ripetizione infinita dell’amore, per la poligamia, affermai infine. Se devo percorrere il termine, una sola volta, una sola persona, non possono essere sufficienti.
Eravamo arrivati al termine del percorso, tenevo le mani affondate dentro i pantaloni. Mi fermai prima di riprendere la strada del ritorno, appositamente, attendendo una sua qualche considerazione. Mi tirai a sedere sul passamano di una staccionata in legno. La guardavo dall’alto, dubbiosa, perplessa, guardare il paesaggio, abbassare e allontanare gli occhi, giocare con i fiocchi del golfino, al pari di un tizio impegnato a fischiettare, simulare tranquillità per non esser individuata. I silenzi più lunghi sono quelli in cui è la mente a prendere fiato. Poi finalmente, fissando attraverso e oltre la mia presenza un gruppo di condomini popolari sullo sfondo disse in tono dimesso – che cosa hai fatto alla fronte.

9 Risposte a “ISABELLA.”

  1. ‘sera Mart

    molto interessante la considerazione dell’Amore come emozione a parametri composti, essendo un’emozione da condividere in due o più, questa emozione ha parametri altamente complessi e diversificati a seconda del verso nel quale è diretto. Così accade che il lato A non è (o può non essere)bilanciato con il lato B. Ci vuole una configurazione giusta.

    L’unica Isabella che conosco è quella con la Croce Santa …magari tra voi scrittori la cosa funziona 😉

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