LA NOTTE AGLI IRTI COLLI.


La domenica è così ferma perché è il giorno in cui il creatore esce a fare sport. Pratica il golf. E’ la fine di novembre e qua sotto anche i cretini capiscono perché l’atmosfera è pesante e il piombo è grigio. Non riuscivano a girarlo per dargli la vernice. Sopra quindi, è azzurro, ma sotto, ci tocca il tono fumo del paese nostro. A seconda di dove risediamo. Londra, Parigi, Casale Monferrato. Il fumo Trento piega su sfumature tradizionali, di famiglie precise che si sballano di chiese e centri commerciali. E prostitute in numero sospetto. Se foste stati attenti in classe, dovreste sapere che vediamo un oggetto grigio, quando questi riflette un valore a metà, fra il tutto e il niente, della luce che riceve. Un moderato di centro, in pratica, noioso e benpensante, con i piedi su tutte le staffe buone, per non sbilanciarsi, per non prendere posizioni errate. Questo è il soffitto di oggi, un quadro senza espressione di un romantico in zona industriale.

Di fronte a tanta inconcludenza d’intenti, per dare un senso al pomeriggio, ti tocca sperare in un capitombolo dell’Inter, o, a voler esagerare, nella risurrezione di Berlinguer. Pronti, via, e i comunisti finiscono per litigare su chi batte il calcio d’inizio. La perdiamo a tavolino, e a metà pomeriggio, sto fuori dalla piscina con un bel porta occhiali in pelle e il costume in velluto sotto i jeans. Le acque alla domenica sono meno mosse, trasparenti come un interno atollo sul catalogo dell’agenzia viaggi, luminose e bionde come il gesù che ci cammina sopra. I natanti cedono energia con modi più borghesi, al dì di festa.

Si vede il fondo, nitido, fermo, a quadrati dieci per dieci. Ci sono tremilasettecentocinquanta piastrelle per ogni corsia, calcolando le pareti laterali, un totale di cinquantunomila cinquecento. Di tanto in tanto bolle salgono in superficie dal ricircolo: ho portato un pennarello indelebile per disegnare dei pesci sul fondale, per immaginare meglio di stare al mare.

Penso ad Irina che è partita per il Nepal.

Irina pratica un pendolarismo a modo del mio, ai fini della ricerca. Il suo è per forza di cose, meno frequente, ma nettamente più profondo in termini di distanze percorse e divergenze limate.

Io ancora gioco in casa, storicamente poco avvezzo ai lunghi trasferimenti. Credo, per via dell’assenza del colonialato estivo. Delle Lignano e delle Bibione, e di altre avventure extraterrene, negli anni della formazione, negli anni del primo pelo. Si, credo siano la soluzione a molte cose, le estati trascorse alla baita sul monte. Sabato e domenica, l’intera settimana di ferragosto.

Poi un giorno scolastico fra le annate tredici e quattordici, il ricordo è molto vago, ho visto il mare dal finestrino di un pullman che aveva l’aria condizionata e la tv sull’ingresso. Ho pensato: va quanta acqua! Ma ormai era troppo tardi perché avesse delle utilità, una qualche applicazione, quel pozzangherone. Successe così che per un altro incontro, più reale e salato, dovemmo arrivare all’annata numero venti. Costa Azzurra, spiaggia di sabbia e ciotoli e un corso per aspiranti gestori di piccole e medie imprese. Credo fossimo lì per imparare i luoghi dove mettere al sicuro la nostra prima evasione fiscale. Ricordo un compagno di corso che tirava piccoli sassi levigati alle ragazze. Tecnica di seduzione numero B/1. Aveva una Renault 5 sportiva e suonava i Green Day con una cover band tutta sua. Era molto più sveglio di me, nel senso dell’essere sgamato nella maniera di stare al mondo. Come per altri, provavo per lui una sorta di invidia, con punte di gelosia, non indifferenti.

Non si finisce mai, nel riguardarsi a posteriori con un qualche metro migliorato di valutazione, di trovarsi ingenui nell’essere e nell’ambire. Vien da chiedersi, quando arriverà il momento dell’inversione di questo processo, quando, in definitiva, un’età più immatura, passerà dall’essere motivo di vergogne ed imbarazzi, a puro rimpianto.

Irina mi scrive dal sedile posteriore della macchina dei genitori, durante il tragitto verso l’aeroporto. E’ notte e il rumore ritmato della tastiera, riempie il mio appartamento così come il veicolo sull’autostrada.

Occulto il tichettio dei tasti sotto una coperta con la quale mi vorrebbero far dormire, – mi scrive –, per non infastidire mio padre.

Le dico: la scena è molto cinematografica. Forse sto semplicemente vedendo troppi film di Kaurismaki e il minimalismo mi contagia. Scopro non molte sere dopo, che in realtà la sequenza non è così scenograficamente improbabile, imbattendomi in qualcosa di simile in Film Blu. Ho un futuro?

Sarebbe però interessante rendere il contenuto dei messaggi con una sorta di sottotitoli, le dico, in aggiunta. Prendo atto ancora una volta, nel mentre, di come sia facile svelarsi e condividere quando vi è una distanza fisica tra le parti, ancor più se in espansione.

Non posso tacere ad Irina quanto invidi questa sua capacità di stravolgere la quotidianità, in maniera così netta, sostanziale, tanto da poter essere misurata in latitudine, longitudine ed emisferi. E’ quasi una frase fatta, in overdose, da tanto è banale. Aspetto una mezz’ora la sua valutazione, o forse, ne sono svegliato in un altro cuore della notte.

E’ un viaggio, dice, con la visuale aperta di una viaggiatrice alquanto pratica.

Sarà. Ma raffrontato alla mia stasi, non può che sembrarmi un viaggio su Marte transitando attraverso la barriera di Milano Est al tardo pomeriggio.

Hai fatto molto a tua volta, da quanto racconti, mi rassicura. Le distanze che si percorrono servono essenzialmente per trovare ciò con cui completarsi e non per arrivare ad un luogo in se, aggiunge. Sto cercando in questa mobilità il, o un, o più completamenti che mi permettano di raggiungere una stasi definitiva, o semplicemente meno agitata, nella quale fermarmi.

Immagino qualcosa come un sedersi a prendere fiato e coscienza dei fatti, dopo un’emozione intensa.

Immagino il fumarsi una sigaretta.

Penso alla somma dei chilometri che ho macinato nelle ultime annate per rincorrere e non perdere, ipotetiche o reali coincidenze d’intenti, vedute ed obiettivi. Non credo sia molto lontana dalla distanza necessaria a più viaggi intercontinentali.

Mi domando se sia, l’intensità o la quantità degli eventi, a delinearne il tipo di impressione nel ricordo e nell’esperienza.

Mi domando che ore saranno in Nepal e che effetto farà la rarefazione degli abeti alla vista.

Mi domando perché viviamo essenzialmente di domande. (A questo però posso facilmente trovare perlomeno un paio di risposte valide da me).

2 Risposte a “LA NOTTE AGLI IRTI COLLI.”

  1. Ciao Mart

    storia buffa quella delle coincidenze, così ‘stasera ho finalmente visto Fitzcarraldo. Straordinario, e m’immagino il libro (credo di ferro).
    Non so sei già in viaggio o se viaggerai in Amazzonia, in Nepal o fino alla barriera Est di Milano (che di per se è una bella avventura) ma Immagino e  il concetto mi sembra importante 😉

    PS …ho sfogliato un po’ di libri in circolazione e viste le dimensioni in gioco dei vari vespa, volo, bondi e principi …il Rat-Man non può considerarsi un libro di ferrro ma un fondamentalmente un fumetto con i contro caz#@…. ops al cromo-vanadio, si al CromoVanadio…buone feste 😉

    (saluti sloggati indu’)

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