LA POSIZIONE DELLA PECORELLA SMARRITA – parte seconda – APOCALISSE NOW.

Scena 7.
Gesù è precipitato dentro la scarpata. La telecamera indugia orizzontale dentro al bosco cercando di mettere a fuoco il paesaggio alle spalle degli alberi. Sparsi punti bianchi, l’illuminazione di un altro inutile paesello. In sottofondo si continuano a sentire i ruzzoloni e delle urla (parecchio comiche). La scena deve durare almeno un minuto. La telecamera (visuale del guidatore) si alza verso il cielo mentre il veicolo riprende il movimento. C’è una nuova costellazione, enorme e chiaramente tracciata nel centro della notte: forma una scritta lampeggiante che recita DONER KEBAB. La scena viene interrotta da delle interferenze audio sulla riproduzione della musica all’interno della macchina. Lo sguardo del guidatore si sposta rapido sulla destra (verso il paese – ormai ne è arrivato alle porte). L’enorme telecomando che sta al posto del campanile si è acceso. (luce verde in alto a destra) Dalla sommità escono fasci scomposti di luce violacea che illuminano la notte (es.  – dei fulmini molto lenti). Le interferenze audio sembrano farsi più nitide. Inquadrare la mano del guidatore che cerca di regolare qualcosa sul pannello dell’autoradio. Zommare sul nome della stazione radio che scorre sul display. GOD 102.5 – One Nation, one God, one Station. Dagli altoparlanti una voce sensuale di donna recita una litania quasi ipnotica:-Venite a me voi che siete oppressi, venite a me voi che siete poveri, venite a me voi che siete tristi, venite a me voi che siete affamati, venite a me voi che avete la voglia di caffè sull’avambraccio, ecc… Inquadrare il pollice del guidatore che tenta disperatamente di spegnere l’apparecchio senza riuscirci. In sequenza poi inizierà prima a prenderlo a pugni e poi estraendo un enorme martello da un vano sul cruscotto (nota: il martello deve essere veramente sproporzionato) distruggerà l’apparecchio mentre in sottofondo si sentirà l’interferenza prima distorcersi, poi affievolirsi, rantolare e infine emettere un ultimo respiro.
Scena 8.
Sulla scena (che resta immutata) si fa improvvisamente giorno. Diciamo una bella mezza mattina di sole della domenica. Il veicolo arriva (è l’ultimo!) ad un ulteriore passaggio pedonale. Si ripete l’attesa delle scene precedenti. Questa volta dopo un tot  attraverseranno le strisce (in direzione del paese) le ombre di una serie di personaggi, ma senza che ovviamente se ne vedano i corpi. La processione durerà a lungo e ogni volta che il guidatore starà per ripartire ne arriveranno di altre (risate finte). Chiaramente sarà intuibile che le ombre sono quelle dei fedeli attirati verso la chiesa dal segnale emesso dal telecomando. Le figure nere proiettate sull’asfalto dal sole posto alle spalle della scena, saranno nitidissime e sembreranno quasi dei fumetti. Dovranno necessariamente transitare le ombre di una serie di famigliole, (scene comicissime – l’ombra del bambino avrà chiaramente una canna in bocca, la bambina avrà già delle tette enormi, la moglie tirerà per l’orecchio il marito, passerà un cane bassotto lunghissimo) di vecchi (tutti con le braccia tese in avanti come zombie), passeranno le ombre di alcuni defunti celebri e sospetti (Elvis, John Lennon, Jim Morrison, Hitler), un cavallo, chiaramente delle prostitute, un tizio con una croce caricata sulle spalle (risate), numerosi paraplegici, un carrarmato eccc…)
Scena 9.
Il veicolo finalmente riparte e si dirige verso il centro del paese. In sottofondo suonano le campane a festa. Il telecomando campeggia sempre al suo posto  nella scena. Arrivato ad una strettoia, sulla destra si apre l’enorme sagrato della chiesa. Il portone d’ingresso è spalancato. Ci sono centinaia di pecore bianche ovunque. Il veicolo si ferma e abbassa il finestrino per osservare meglio la scena. Si sentiranno belati assordanti e confusi, un chiasso terribile. Le pecore all’esterno saranno vere pecore mentre zommando con la telecamera dentro la chiesa ci si renderà conto che quelle inginocchiate fra i banchi sono persone reali ma con indosso un costume da pecora. Tra le varie persone saranno distinguibili quelli che avevano attraversato durante la scena precedente  sottoforma di ombre. Particolarmente divertente la scena del carrarmato mimetizzato a sua volta da pecora. (risate). Nella cattedrale si sentirà la stessa voce suadente dell’interferenza:-Venite a me voi che siete maleodoranti, venite a me voi che siete precoci, venite a me voi che avete il legamento crociato saltato. La telecamera inquadrerà la zona dell’altare cercando di individuare un prete o chicchessia. Alla fine ci si renderà conto che l’audio arriva da un semplice mangiacassette appoggiato sull’altare. Proprio nel mentre da un apertura  sulla destra dell’altare (dalla sacrestia) uscirà una gnocca in tenuta da coniglietta che, dopo un profondo inchino verso il pubblico, provvederà a girare la cassetta. La telecamera scivola all’indietro lungo la navata e fuori sul sagrato e rientra dentro l’abitacolo del veicolo. Si sente il guidatore ridere. La telecamera si scuote a ritmo della risato sommessa. Improvvisamente dal telecomando fuoriesce un enorme braccio con un indice accusatorio diretto verso il guidatore del veicolo ( il braccio è parte della celebre vignetta del reclutamento americano –  WE WANT YOU!) Le pecore presenti sul sagrato si girano tutte verso l’oggetto indicato dall’enorme mano e iniziano ad avvicinarsi minacciose. Gli occhi degli animali sono tutti rossi e lampeggianti. Dall’interno del veicolo si vede il guidatore iniziare a preoccuparsi e rialzare il finestrino. Cerca di rimettersi in marcia. Ma è ormai troppo tardi. E’ circondato e le pecore iniziano a spingere e scuotere la macchina. I belati si fanno sempre più forti. La telecamera si muove frenetica  e il guidatore inizia ad ansimare. Le pecore iniziano a salire sopra la macchina e a schiacciare i musi contro il vetro. Inquadratura dei musi umidi e degli occhi terrificanti. Poi mentre la telecamera (vista del protagonista) perde la messa a fuoco e tenta di rifugiarsi sul sedile posteriore, si sentono i cristalli incrinarsi e tutto diventa buio. La scena inizia a girare risucchiata in un vortice nero sempre più stretto. Si sente un urlo come di chi cade verso il basso, via via affievolirsi. Schermo nero con un puntino bianco centrale. Alla fine della caduta si sente un tonfo leggero, come quello di una caduta da cartoon. Poi solo audio, con eco, come proveniente da un lontano ambiente enorme e vuoto. Rumore di qualcuno che si toglie la povere di dosso. Poi rumori di passi. Un tonfo. (Ha inciampato contro qualcosa sul pavimento). Una voce:- Fanculo! Un’altra molto mistica :- Schhhh! Poi altri passi. Il rumore di una porta che si apre cigolando. A volume molto alto rumori e suoni di un locale, es. un bar. Una voce maschile:- Desidera signore? Un gin tonic grazie.
Scena finale.
Coming soon.

10 Risposte a “LA POSIZIONE DELLA PECORELLA SMARRITA – parte seconda – APOCALISSE NOW.”

  1. Il tuo commento è interessante davvero. E capirai perchè lo terrò per me soltanto.

    Mi sono sempre chiesta se si riesce a “nascondere” per davvero sè stessi quando si scrive di un personaggio, ed io ne scrivo di tanti. Tanti e diversi, tutti. Quel che mi sono risposta è che no, non si può. Per quanto tu ti sforzi, non ti sarà possibile. Semplicemente perché tu stessa sei tante cose insieme, ti spaventerebbero anche se non avessi l’istinto di ricercare continuamente, continuamente, continuamente, il giusto bilanciamento o il giusto posto per ognuno degli aspetti che ti appartengono.

    Parlerai sempre di un alter ego che tuttavia convive con te pienamente, scriverai di lui che ti appartiene in tutto, in ogni cosa.

    Si è tante cose messe insieme, e tutto sta a mostrare i vari e differenti lati del prisma. Ci convivi, sai. E li distingui così nettamente, i lati del prisma, che ogni volta te ne meravigli. Ti stupisci. Eppure non puoi essere diversamente.

    Sono poco incline ai legami nel senso che per natura richiedo libertà. In tutto. Anche il mio lavoro, è un lavoro di libertà. Non è il cliente che sceglie me, sono io che scelgo lui. Se lui no mi sta bene va da un altro. Non è lui che sceglie me. E richiedo libertà di parole, di espormi in prima linea se lo ritengo necessario, libertà di bersagli da colpire, libertà di strade da percorrere che magari altri no condividono, ma io vado perché so cosa c’è più avanti. Non guardo dove metto i piedi, inciampo. certo. però mi rialzo, e gli occhi sono sempre e comunque fissati sull’obiettivo. Mio. E’ tutto mio questo.

    Eppure alla stessa maniera, e con la stessa passione, con la stessa volontà sono atttratta dal legame, da ciò che può costringerti a non muoverti perché muoverti potrebbe essere uno sbaglio, dalle cose imperiture, da quello che resta dopo. Come dal silenzio e gli abbracci quando si finisce di fare l’amore.

    Qualcosa che è eterno ed immutabile.

    Non so se .. bah. Forse non sono stata chiara. E forse sono stata eccessivamente prolissa. Nel qual caso, vorrai perdonarmi. Grazie.

    sorrido

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