OH CRISTO!

:-Bobby, Bobby.  Tesoro. Piccoletto. Non le senti le campane della Santa Messa? E’ ora di svegliarsi su. O farai tardi! Oggi c’è pure la Processione! Sono le nove e quindici. Devi farti anche il bagnetto e metterti la camicia della festa.

Il fascio di luce, che attraverso la porta aperta entrava nella camera oscura, stagna di neri e aria rarefatta, aveva una potenza di diecimila watt e gli trafiggeva gli occhi incrostati di sonno, come tanti granelli di sabbia sparati da distanza ravvicinata.

Bobby infilò la testa sotto il cuscino.

Era umido e bavoso della melassa pastosa che gli colava immancabilmente dall’angolo della bocca durante il sonno.

Ma questa se possibile, era ancora più vischiosa del solito.

Che diavolo aveva bevuto quella notte?

Quanto aveva ingurgitato quel sabato sera?

Ma soprattutto. Chi era?

Quella mattina sua madre sembrava avere molta pazienza, tempo e insistenza a disposizione. Era l’unica cosa in cui si applicava fermamente e con piglio.

La rottura di palle.

Le campane ovviamente le aveva sentite.

Come non sentirle d’altronde. Centoventi decibel di suoni confusi e senza ritmo, sparati nell’etere del paesello da cinquanta metri d’altezza e cento in linea d’aria.

Ripetuti con accanimento  ogni quindici minuti, ad infierire sulle anime dei dormienti. Che si sa mai fossero passati indenni al primo e secondo richiamo.

Come potete capire la domenica di Bobby non è che stesse iniziando un granché bene.

Tenete conto che era andato a letto alle cinque e trenta di quello stesso giorno.

Quindi esattamente tre ore e quarantacinque minuti prima. Ubriaco, gonfio come un porco (erano passati a mangiare le brioches calde già che c’erano) e con l’adreanalina a mille (erano passati al night club già che c’erano), di quelle quattro ore scarse, ne aveva dormi-vegliate almeno la metà.

Era straccio più del solito, semmai fosse stato possibile.

La forma di vita nella quale sarebbe potuto essere più chiaramente identificabile, era quella dello zerbino autopulente del centro commerciale. In una giornata di nevischio.

Sua madre quella mattina non aveva proprio un cazzo da fare eh?

Niente arrosti, conigli al forno, cannelloni ripieni o pasticci.

Niente che la tenesse altrove occupata.

Bobby era chiaramente nei pasticci.

:-Bobby, guarda che non ti chiamo più eh!

La madre, fine psicologa, stava chiaramente cercando di agire sui suoi sensi di colpa.

Bobby un tempo era un vero coglione.

Si faceva fregare dai sensi di colpa e alla fine finiva per alzarsi ed andava al parchetto a fianco della chiesa.

Stava col culo umido appoggiato alla staccionata, guadava la valle dal punto panoramico, guardava altri che come lui, ma avevano degli amici, bigiavano la messa su una panchina.

Poi guardava di nuovo la valle dal punto panoramico.

La valle era assente da una vita. Era ricoverata per malattia. Era come guardare un letto vuoto ma non sfatto.

Poi alle undici tornava a casa. E si era guadagnato l’arrosto.

Che vita infame.

A differenza di altre madri di cui sapeva, la sua non lo interrogava sulle letture del giorno. Così lui poteva evitarsi di chiedere in giro, quale fosse stata la favola del giorno.

La pecorella smarrita? Peter e Heidi? Il figliuolo prodigo? Cenerentola? La moltiplicazione dei pani e dei pesci? Topolino vs Gambadilegno? 

L’ombra di sua madre, continuava a stagliarsi dalla soglia della porta dentro la camera, sottile e allungata come un campanile.

Ci mancava solo che suonasse.

Decise che doveva dirglielo.

:-Mamma guarda, lasciami perdere. Sono ubriaco, ho sonno e voglio rimanere qui a godermi il profumo di crema nivea sotto le coperte.

Bè, forse per questo non era ancora pronta.

Decise che le avrebbe detto come la pensava una volte per tutte.

E si sarebbe guadagnato la pace eterna.

Doveva essere convincente, severo e leggermente incazzato.

Si tirò prima a sedere sul letto.

Cercò di ricomporre la faccia, che era disordinata come un cubo di Rubik.

Era tutto fuori posto.

Rimise occhio con occhio, allineò i denti, ordinò verticalmente i tasselli del naso.

Rimase comunque una macchia indecifrabile di effetti cromatici che tendevano tutti al bianco smunto o al  verde avaria.

Poi si tirò in piedi a fianco del letto barcollando. Aveva la mutanda rovescia e abbassata a metà sedere.

Là sistemò. Lo sistemò.

Poi come un profeta, inizio il suo sermone.

Sarebbe stato l’ultimo e era anche il primo.

Quindi prendete nota.

:-Senti mamma. A me non me ne frega un accidente della religione. Della Chiesa, del parroco e di quelle  parole vecchie, ammuffite ed allucinanti che vi propinano. Siamo nell’anno duemila e non è più possibile e necessario dover credere alla storia di uno nato nella grotta che poi a trent’anni si è improvvisamente messo a fare il brillante. Ne tanto meno a Madonne, Santi e Padre Pii. La religione non esiste. Non dovrebbe almeno più esistere. Sta morendo come è giusto che sia. E’ stata solo una necessità preistorica poi continuamente aggiornata modificata elaborata da qualcuno che aveva assoluto bisogno di spiegarsi il Perché e il Percome e il Quando e il Comemai dell’esistenza. E lo posso anche capire. Aveva un sacco di tempo libero e praticamente zero conoscenze e mille dubbi. E mi va bene e glielo concedo. Ma adesso basta. Hanno decisamente esagerato. E’ un tentativo di plagio a loro favore bell’ e buono, al quale è giusto porre un limite. Le ultime cavie devono essere stati i nostri nonni. Ma guardati in giro. Ne son rimasti pochi a cascarci. Quelli deboli che hanno per forza bisogno di una motivazione a tutto. Quelli che hanno bisogno di aiuto e invece di chiederlo a un amico lo chiedono a un santino. Idea geniale. Star lì ad aspettare la risposta e intanto sei già morto. E vuoi fare la donna moderna, al passo coi tempi e invece sei ancora lì ferma con le tue concezioni in bianco e nero. La religione è la prima causa di morte fisica e anche la prima di morte morale. Già ci giochiamo una buona porzione di autonomia dovendo obbligatoriamente darci in pasto a una classe governante per quel che concerne la parte fisica della vita. Se poi ci facciamo indottrinare anche la morale dal clero, allora tanto vale che ci buttiamo direttamente dentro un fosso. Che ci resta di nostro? Possiamo avere una percentuale di libero agire o no Cristo?

Bene.

Amen.

Sia fatta la mia volontà. Voglio dormire!

A quel punto Bobby si vedeva avvolto in una tunica di bianchissimo Dixan e una certa luce al plasma bianca si stava diffondendo tutto attorno a lui.

Niente di miracoloso. Solo una casuale combinazioni di rifrazioni in cucina.

Sua madre invece era immobile sulla soglia della camera.

Le spalle esauste, le braccia penzolanti lungo i fianchi sembravano arrivare fino al pavimento. Sulla faccia, la bocca aperta in un repeat di stupore, sembrava l’istantanea di un pesce rosso beccato a sbadigliare.

Bobby  sentì una fitta all’altezza dello stomaco.

Ci siamo, pensò. Forse ho esagerato.

Ecco il castigo divino.

Invece no. Era solo la vescica che gli stava scoppiando. Doveva andare in bagno.

Passò accanto a sua madre. Gli diede due colpetti affettuosi sulla sommità della testa. La vide sforzarsi cercare parole che uscivano mute.

La sua faccia riflessa sul fondo della tazza aveva un aria sollevata.

Si massaggio le reni.

Quel gonfiore allo stomaco gli ricordò la felicità, l’armonia, gli amici, l’alcool e le donne della sera prima.

Qualcosa in cui valeva veramente la pena di credere.

15 Risposte a “OH CRISTO!”

  1. amen. vai in pace e dotrmi con la mia benedizione!!! ne avrei tanto bisogno pure io!!! ho sonno!! non credevo esistessero ankora genitori di questo tipo!! che insistono per la messa!! i miei ci hanno rinunciato quando avevo 13 anni e gli ho fatto un discorso più o meno simile!!! ancora adesso scuotono la testa e dicono … non è quello che ti abbiamo insegnato… e regolarmente si beccano la risposta… no, hai ragione, ma sai quando i neuroni iniziano a girare formulano pensieri propri!!! un bacio buona giornata

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