OSTIA! (LIDO! AHAHAH..)

Ho parcheggiato la macchina sopra una griglia metallica che mi dava ben poca fiducia. Quando la ritroverò con il muso inghiottito dalle fauci della terra e le chiappe scoperte, per aria, sarà davvero divertente. Come un bel re magio in camicia e giacca di circostanza, vengo guidato verso il luogo sacro, dal suono casereccio della banda. Pereppeppe, le bande mi stanno sul cazzo. Sono troppo dedite ai fausti cristiani e soprattutto, ogni domenica è buona per passare sotto la mia finestra strombazzando per una qualsiasi processione. Un essere umano la domenica va lasciato dormire. Io a quell’ora sto sotto le coperte a farmi male, e mi piace farlo in silenzio. La chiesa è sempre allo stesso posto, nemmeno questa volta, dall’ultima volta, è crollata. O è stata riconvertita, per lasciare posto ad un enorme club inglese, con la house al piano terra e il bordello di velluti rossi al piano superiore. Le mie speranze sono sempre disattese, dannazione. Ricordo chiaramente, a causa delle numerose frequentazioni giovanili, i due enormi drappi porpora che penzolavano dal soffitto al pavimento, su, alle spalle del prete, dietro la cassaforte. Li sento ancora al tatto dei polpastrelli, vellutati e preziosi come la seta. Ci fodererei i divanetti, ci avvolgerei le ragazze, mi taglierei una tunica imperiale. Avrei voluto indossare una cravatta, magari sopra una polo. Volevo fare l’uomo trendy. Non so fare i nodi alle cravatte, così ho indossato un paio di occhiaie e una buona dose di nervosismo e mi sono trovato più me stesso.
Quando raggiungo i margini della piazza, spacco il minuto. La cerimonia è appena finita. Giusto in tempo. Ora si va al ristorante. La banda attacca l’ultimo pezzo. Il tipo con la grancassa non ha su la divisa ma una semplice maglietta nera attillata che lo fa sembrare molto George Michael. Un bel fustacchione gay. Suonano un pezzo folk, tra le note distinguo l’inno a questa rocciosa regione. Soave olezzo di vividi fior rosseggianti fra coste sevose. Grande testo. Mi tengo a debita distanza dalla scena, ho una reputazione da difendere con me stesso. Mi infilo sotto l’albero che ombreggia il monumento ai caduti. Non so di che razza sia, ha le foglie di velluto e profuma del dopobarba dei vecchi. Il cielo è sbiadito dalla nottataccia e non c’è una nuvola a pagarla che gli mascheri la brutta cera. Il sole è un ostia bianca che si riesce quasi a guardare negli occhi, le carrozzerie dei veicoli riverberano, ma non sfrigolano come a ferragosto. I clan famigliari sono disposti in crocchi scomposti, con i maschi leggermente in disparte. Dal portone principale una fila di marmocchi vestiti da angioletti, esce in fila indiana, indirizzata verso l’epicentro del dramma da rigide indicazioni di stampo militaresco pre-inculcate. Tengono tutti le mani giunte e avanzano come automi, sprizzando la classica ingenua felicità giovanile. Da giovani si è di buon umore anche dopo cinque metri di strisciata sull’asfalto. I loro genitori li hanno appena venduti a Gesù. Carne da macello, barattata per un po’ di sana tranquillità. Si fanno i figli in cinque minuti di entusiasmo e poi si passa una vita a studiare metodi per tenerli buoni e lontani dalle palle. La Prima Comunione è l’inizio di uno dei metodi più apprezzati. Il praticantato cristiano. Siamo un dono di Dio, quindi che ci dia un occhio un po’ anche lui, checazzo. I genitori ne sanno una più del diavolo, per quello ci mandano in chiesa e non ai giardinetti. Non riesco ad individuare nessuno dei miei parenti, dato che non faccio assolutamente nulla per incontrare i loro sguardi. Nella notte ho esagerato col vino e il mio sangue in circolo è troppo passionale. I globuli rossi vanno in giro con l’erezione e l’emicrania è bell’ e servita. Mi liscio il mento mentre nel parcheggio adocchio una giovane mammina travestita da pornostar americana. Stivale da cowboy, pantalone bianco, scollatura vertiginosa e lasciva criniera di boccoli biondi. Sono li li per andare a chiederle una foto e un autografo. Veloci fotogrammi di una scena blasfema mi passano sullo schermo degli occhiali da sole, mandati generosamente dalla mia regia. Ho voglia di una lattina rossa di cocacola gocciolante di gelide perle di sudore. La tizia non è sola. Abbasso gli occhiali sul naso e sbircio al di fuori come uno sporcaccione professore universitario in cerca di alunne per lezioni private e bei voti in cambio di sesso. Il mezzogiorno è saturo di donne frementi, della purezza vi è traccia ormai solo nel sole bianco. Il genere umano represso dalla famiglia ha bisogno di una qualsiasi buona occasione per riassaporare la perversione data da un istante di fittizia libertà. Vi è una tale carestia di valori che l’unico metodo conosciuto per segnalare la propria presenza è quello estetico. I sottomarini fuori dall’acqua sono spacciati infatti.
Nel frattempo in un altra scena minore  mariti cercano simili solidali e simulano sbadata distrazione mentre rimurginano sulle ore extra di lavoro dovute per la liquidazione di tanto spreco. Li osservo adocchiare le carni fresche di alcune nipoti, con rimpianto. Il figlio minore approfittando della confusione e della scarsità di controlli ha raggiunto in free-climbing il timpano della cattedrale. Dall’alto urla la sua prima parola. Pocatroia! Faccio un semplice collage e la famiglia è servita. Mi accarezzo la pancia. Ho fame. Una comunicante dal viso roseo e paffuto corre insaccata nella sua tunica celeste verso il proprio clan famigliare agitando nelle mani una pergamena riportante la sua condanna. La vedo inciampare e finire lunga distesa sul selciato. La sua famiglia scoppia in una grassa risata.

6 Risposte a “OSTIA! (LIDO! AHAHAH..)”

  1. una piccola casa editrice di vicenza (che, se la vuoi tutta, è del mio insegnante di meditazione, fa te.) il progetto è totalmente al femminile, si parlerà di sentimenti. non sono molto brava in queste cose, ma ci provo. siamo scrittirici edite mescolate a sconosciute come me. quando… questo è più difficile da dire. quando tutte avremo finito di scrivere il nostro racconto, ecco. ma sarai il primo a saperlo, anche perchè verrò direttamente io a proporre l’iniziativa al disertori (se esiste ancora), mentre colla feltrinelli (che se non sbaglio c’è lì a trento) il maestro di meditazione di cui ti ho detto sopra è già in contatto da un pezzo. ti basta o vuoi altri particolari? ti racconterei anche della mia editor, ma fa così: pensa a me e dammi 20 anni e 10 chili in più. ecco, tel’ho già descritta a pennello. è fantastica, lei.

  2. mi piace questo titolo. ostia. aggiungerei anche sacramenti, così completo la citazione da mia nonna paterna (pace all’anima sua). mart… mi pubblicano, sai?

  3. Ostia! è come andare in giro con l’ecografo e scovare i nascondigli più segreti dei più lascivi personaggi…

    mmmhhmmm il discorso cowgirl, era meglio chiedergli foto e autografo sai 😉 indirizzo e num. di tel

    dopo la La Prima Comunione la strada è solo in discesa ripida discesa, anzi precipita

    un saluto messicano, sfinito dal caldo e dall’umidità …almeno si potesse stare in costume

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