PILLOLE DEI GIORNI DOPO.

LEI è appoggiata alla parete a specchi, le mani aperte in alto. Come pronta per una perquisizione. Muove il sedere al ritmo della musica dance, che entra soffusa tra i separé, dalla sala principale. Si sfila il perizomino bianco e rosso, dalla superficie come laccata, che scivola lungo i fianchi torniti, raccogliendosi infine, attorno alle caviglie sottili. Qualche problemino nello sfilarlo, tra il tacco e la suola super rialzata, delle zeppe trasparenti. Le do una mano. Ottimo panorama da quaggiù. Il prive però inizia a girare. Come l’ottovolante delle giostre zingare. Mi reggo forte ai braccioli del divanetto. Ma non si ferma. Faccio alcuni respiri profondi. Mi sento leggero. Lo stomaco è in decollo. Ma non si ferma. Provo a tenermi saldo ai suoi fianchi. Già va meglio. Da fuori sento arrivare urla di giubilo e incitamento. Non sono per me. Il futuro sposo deve essere stato chiamato sul palco. Tutto come organizzato. Mi spiace perdermi la performance. Ma ho delle cose da sbrigare qui. Poi mi racconteranno. Niente di che. Non ci sono più le spogliarelliste di una volta. La camicia appena slacciata e il solito amplesso simulato sopra i jeans. Povero futuro maritino, si sarebbe meritato un addio ben migliore. Che c’è gente, e non facciamo nomi, tanto si sa che ero io, che qualche mese fa è rimasta sul palco con i boxer calati. Eravamo su estranee e turistiche ramble barcellonesi quella notte. E non avevo nulla da festeggiare. Nemmeno stasera per la verità. Ma è forse sempre necessario un motivo? Sono stato veramente un pirla. Farsi fare un mojito alle tre di notte dal barista improvvisato del night club, è un vero insulto al buon bere. Un delitto efferato. In effetti è rhum allo stato puro, con una foglia di edera al posto della menta. La classica goccia che potrebbe far traboccare il vaso gia bellamente allagato. Tengo duro. Bhe, forse il termine è un po’ esagerato. Non c’è nessun segnale di vita laggiù. Bastardo di un divano, smettila di girare. Lei mi da ancora le spalle. Pare che balli. Io sono in balla. Ottima coppia. Si porta le mani dietro la schiena. Con movimenti rapidi ed esperti delle dita sottili, come un abile scassinatrice di casseforti, sgancia il reggiseno. Si gira. Ehi! Dove le hai lasciate le tette?

 

LEI e Lui, camminano a fianco davanti a noi, nel vialetto che, attraverso villette bifamiliari, recidence e campeggi, conduce dal ristorante sul lago, al parcheggio. Le teste quasi si sfiorano, i fianchi strusciano uno sull’altro, il passo egualmente cadenzato. Una delle rispettive mani, incrociate dietro la schiena, vanno a infilarsi nel taschino posteriore dei jeans. L’uno dell’altro. Sembra la pubblicità dei Levis. For successful living. Sono appiccicosi di amore e tubano come piccioni al primo appuntamento. Ancora. Dopo anni. Sono l’incarnazione della felicità sentimentale. Tra le poche che mi convincano. Roba che a guardarli, ti viene il diabete. E porcaputtana fra sei giorni si sposano.

 

LEI è seduta sul sedile davanti della mia macchina. Capita casualmente per la prima volta, per una serie di coincidenze, dopo qualche buon tempo dall’essersi conosciuti. Strano effetto sentire, dopo mesi, nuovamente un profumo femminile dentro l’abitacolo, fragrante e caldo, sostituirsi ai toni artificiali dell’ambre magique. Si sta coccolando il mio giraffone di peluches da tutto il viaggio. Normalmente sta nel sedile posteriore, allacciato con la cintura. Lo stringe tra le braccia, teneramente e con un ingenuità fanciullesca stupita. Le brillano gli occhi e la voce pare commossa e agitata, come un bimbo davanti a un dolcetto. Stento a crederci, e vorrei essere al suo posto. Stringere quell’ammasso di gommapiuma e pelo, e sentirmi anch’io per un attimo bambino. Poi penso che vorrei anche essere al posto della giraffa e godermi le sue attenzioni. Per sentirmi adulto. Faccio fatica, la gola quasi secca dall’imbarazzo e l’emozione, come se stessi con una fidanzatina, a trovare argomenti da far suonare di continuo sopra il viaggio. Cerco negli angoli della testa annebbiata, finché non trovo la traccia giusta. Una volta messa sul piatto, la puntina graffia ma poi scivola naturale. La giraffa mi guarda fissa con gli occhi di plastica. E’ carina e devo aver fatto colpo. Anche lei è carina, come tutte le ragazze degli altri. Un bell’espiro, ad allontanare  pensieri leggeri come aria. Sotto casa sua, lei si infila fra i due sedili per riaccomodare il peluches al suo posto. Il golfino si alza un po’, i jeans si allentano leggermente in vita. Come una porta magica che si apre all’improvviso. Gli occhi lesti si infilano attraverso. I pensieri a ruota. Una fessura invitante, come quella di un salvadanaio, nella quale infilare la manina per rubare le monetine. Idee peccaminose, figlie del casuale momento. Svaniscono rapidamente assorbite, come scrosci di pioggia dentro un terreno arido. Mi tengo umido e bagnato con metodi più classici. Forza dell’abitudine. Alcool e bisboccia. E tengo le fantasie strette fra le dita. I bravi ragazzi non si sbilanciano mai. Forse prima o poi semplicemente cadranno.

 

 

17 Risposte a “PILLOLE DEI GIORNI DOPO.”

  1. Ciao Mart, finalmente caratteri un po’ più grandi per i tuoi post, che tutte le volte mi fondevano gli occhi per leggerti!!!

    Sempre donne, sempre donne… quanto ami le donne tu? 😉

  2. ola, ciao …tra la superficie e il fondo c’è una bella differenza è Mart? il fondo depurato dal vino, dalle bariste tettone, dalle ballerine da night, dalla ore piccole..il Mart sottopelle, del resto il blog fa uscire questo.

    (commento criptico?mm…forse si, ma lo lascio così)

  3. stranamente il post è breve, ma purtroppo ciononostante non riuscirò a leggerlo ora!! la buona notizia è che sono riuscita finalmente a pubblicare dopo un po di giorni!!! ti prometto che appena ho un attimo leggo tutti gli arretrati!! ora vado a salutare xandria!! kiss buona giornata

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