POCO SPAZIO ALL'IMMAGINAZIONE

Le due sottili strisce orizzontali di stoffa nera del perizoma, corrono parallele lungo la pelle nuda dal pallido bianco lunare della schiena, che, un golfino troppo corto e dei jeans a vita troppo bassa, lasciano inesorabilmente e chissà quanto involontariamente, scoperta.

Si uniscono, dove le ossa della colonna vertebrale sono in rilievo come piccole asperità tondeggianti sbucanti da un deserto piatto, in un triangolo di pizzo che va scomparendo assottigliandosi, dentro i pantaloni.

Una trentacinquenne dalla faccia sconosciuta e dal fisico longilineo, lunghe gambe, vita piatta, seno appena accennato e tratti del viso spigolosi.

Seduta su uno sgabello, piegata avanti sui gomiti, appoggiati eleganti sul tavolino. Una mano sotto il mento, altre dita che giocherellano alternate, tra lo stelo sottile del calice della birra e le punte lisce dei capelli.

Ai lati due o tre amici, forse un fidanzato. Lo sguardo rivolto all’esterno, attraverso le vetrate, sul lago tutt’attorno al locale, increspato da un aria gelida, ritardataria dell’inverno.

Una e mezza del sabato sera.

Una notte appena schiarita, dopo le piogge e la neve tardiva della giornata.

Il pub palafitta, trenta metri dentro il lago.

I soliti avventori del fine serata.

Le gole da birra, le braccia da rissa, gli occhi da qui non si vede una figa manco a pagarla, le facce da non c’è altro posto dove andare. Le nostre facce.

E lei.

Lì a provocare, con le sue nemmeno tanto celate tentazioni.

Chissà perché lo fa.

E lo fa. Cazzo se lo fa.

Non chiamiamola distrazione.

Forse la eccita la certezza di sapere, una cinquantina di sguardi bramosi, su quello che normalmente dovrebbe essere il suo intimo, e che in vece, è il suo pubblico.

Probabile abbia solo voglia di giocare con la serie di trogloditi di poca cultura, che, dal bancone stanno facendo a gara, nell’individuare le migliori sconcezze o pratiche sessuali da applicare al suo corpo, così sapientemente esibito.

Scherza e provoca, sicura del fatto che, il massimo rischio che può correre, è qualche volgarità poco celata che potrebbe uscire tonante, da una gola alcolicamente meno controllabile di altre.

E’ una vittoria dalla misera soddisfazione di per se, visto il parco chiuso delle partecipanti e l’esclusiva sua personale, dello spettacolo.

Ma per lei probabile basterà.

A sentirsi più donna. A umiliare lo smidollato del suo fidanzato, che forse non ci da dentro abbastanza. O probabile non ci da dentro per niente.

Magari diversamente sono d’accordo.

Una coppia talmente affiatata, alla ricerca di nuovi stimoli fisici, da oltrepassare la sottile linea dell’esibizionismo. Forse è lui. Che orgoglioso del possesso esclusivo, la vuole mostrata agli altri, per sentirsi colmo, della loro impossibilità di averla.

Tecnicamente il vedo e non vedo, l’intravisto e l’appena accennato, risultano erotici se non quanto, forse più, di un nudo integrale.

In questo caso, il mostrarsi, corre oltre il limite, e scade, in leggerà volgarità.

Ma forse, vista la location, la scelta non è del tutto criticabile. Qualche bottone di camicetta aperto in più sulla scollatura, il solco fra i seni appena intravisto, un pizzo nero leggermente svelato sarebbero stati troppo fini per l’abitante medio del pub.

E probabilmente, sarebbero passati inosservati.

E non era quello che volevamo vero, cara la mia trentacinquenne?

Questa è gente di montagna, mani da contadino e cervello non così fino. Ci vuole una lingua base, parole semplici e concetti chiari.

E quel perizoma a metà schiena è chiaro quanto la scritta fosforescente dell’ambulanza, nello specchietto retrovisore.

Ma mentre, mi lascio scivolare nella gola, gli ultimi sorsi dolci e appiccicosi del succo con la vodka, in una serata, andata così, senza lode e qualche infamia, il tuo intimo poco intimo, mi si appanna alla vista, annoiandomi d’un botto e trasformandosi in un insignificante mutandone della nonna. Che passa inosservato, non attizza pensieri, e segna i jeans come qualunque altra mutanda, della più brutta e culona delle ragazze comuni.

 

Finisco la bevanda, mani affondate nelle tasche e di nuovo fuori, sulla passerella che pende a sinistra, il vento che porta l’aria delle creste innevate di fresco e una strana luna distorta, sulla superficie mossa del lago.

 

Andiamo a casa che il sabato non ha nient’altro da dire. Per la verità se ne è stato zitto parecchio. Si rifarà domani, o forse terrà i suoi discorsi molesti, per un sabato più a gonfie vele.

Ti passo accanto. Un ultima occhiata non si nega mai. Sei stata comunque l’attrazione della serata.

Il pizzo nero, fa una bella fine, stretto soffocato tra abbracci calorosi di carni peccaminose e spesso desiderate. Ma sono spiacente, i miei sogni notturni, temo veleggeranno altrove, lasciandoti preda, come forse da tuo desiderio, di finali più spicci, di menti e fantasie più banali.

 

 

 

32 Risposte a “POCO SPAZIO ALL'IMMAGINAZIONE”

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.