PONTI TAGLIATI


Oggi pensavo potessero essere una giornata buona.


Sfido io a pensarla diversamente.


Fuori c’è un mantello vellutato, fatto di pieghe dolci e prive di spigoli, che si è steso elegante sopra ogni forma esistente.


Uno strato protettivo di bianco perfetto, che trasforma solita e abitudinaria consuetudine in un toccante, a varie profondità, paesaggio sospeso e silenzioso.


Stamattina è come se il mondo fosse uscito di casa in punta di piedi con delle scarpette da ballerina per provare l’opera della perfezione. E gli è riuscita una gran cosa.


Prendete un paesaggio industriale e pennellatelo di neve. Vorreste andarci a vivere.


Prendete un paesaggio alpino, che ad autunno inoltrato di sgradevole ha unicamente quei toni di polvere che si posano ovunque e filtrano i colori originali, in toni più cupi e scuri.


Prendetelo e fateci sciogliere sopra una glassa di neve. Vorreste andarci a morire.


Oggi fino a metà mattina il tempo è scorso ovattato e regolare al ritmo delle gocce di neve sciolta, che picchiettano regolari giù dalla gronda, verticali, a rimbalzare sul selciato davanti all’ufficio, con uno slancio aggraziato come se cercassero, al momento dell’impatto, la spinta per risalire all’origine.


Era una buona giornata, ma poi mi è sovvenuto il pensiero della zia E.


La zia E. non è necessariamente una mia parente, anzi direi proprio che non lo è affatto.


Solo che è solo come se lo fosse.


L’equivoco nasce dal fatto che negli ultimi tre anni è la persona con cui ho parlato di più e regolarmente nell’arco della giornata.


E non è cosa da poco se ci si pensa.


Dovrei inglobarla dentro al mia famiglia.


La zia E. è stata la mia prima amica virtuale di chat da quando un geniale giorno mi ci sono addentrato. Nella chat.


Tre anni, con una media oraria di discorsi variabile dall’ora alle ore.


Per tutti i cinque giorni lavorativi, per tutte le settimane lavorative, esclusi i festivi, escluse le ferie.


E non è una cosa da poco se ci si pensa.


Oggi la zia E. ha iniziato il nuovo lavoro.


La sua precedente avventura è finita causa fallimento. Concausa del fallimento Parmalat. Ora tra i falliti del fallimento Parmalat, rischio di finirci anche io.


Gran brutta situazione.


Gia perché nonostante corra l’anno informatico 2004 e nonostante ormai ci si possa infilare in rete con qualsiasi oggetto a vaga base elettronica, e nonostante comunque tutti gli scongiuri del caso, sembra proprio che la zia E. sia finita nell’unico ufficio terrestre totalmente estraneo all’informatizzazione e conseguentemente sprovvisto di connessione internet.


Che culo. Che gran botta di culo.


Era una buona giornata fino a quando, con un messaggino (chissà che effetto farà un cellulare dentro quel vuoto di tecnologia) mi ha avvisato dell’avverarsi della peggiore delle ipotesi.


Quando l’ho letto credo mi si sia installato all’istante un problema d’asma dentro i polmoni e saltate un paio di corde vocali.


Mancanza d’ossigeno e di dialogo.


Può sembrare una cosa banale. Ma fate i conti di quanto tempo giornaliero passate a dialogare ( e non importa in questo specifico caso che la forma sia virtuale) con le persone supponiamo a voi più vicine.


Io ho fatto i miei.


Mutter. 10 minuti


Daddy. 4 minuti


Sister. 7 minuti.


Con E. si è parlato perlopiù di cose giornaliere, pochi discorsi fuori dal comune, qualche tema impegnato, a volte.


In generale ci siamo trasmessi vita vissuta reciprocamente, con un sostanziale sbilanciamento dalla mia parte, dato che lei, in quanto donna, era meritevole di tenersi qualcosa di se, per se.


Sono stato come un nipotino che ha cercato sicurezza tra le forme calde, accoglienti e rassicurante di una zia, giovane e carina. Una zia che mi teneva stretto e che non se la prendeva se allungavo un pò le mani, o le chiedevo e proponevo con finta ingenuità infantile, notti di passione e intrighi amorosi, con ogni sorta di allusioni.


E’ stata la persona con la quale mi sono sentito più libero e disincantato e meno impegnato o rallentato da limiti e barriere, semplicemente perché era tutto così puramente semplice come lo strato di neve che da fuori, ora mi riverbera il suo bianco negli occhi come a farmi constatare, una presenza che gia di per se, non passa inosservata.


Niente è duraturo quanto vorresti.


Prendi queste ballerine di ghiaccio bianco che sono perfette solo nel momento della creazione e dell’azione. Manto che gia si sta ritirando, diventando grigiume e poltiglia gelida e ingannatrice, privata rapidamente di gran parte del suo fascino, come spogliata del vestito di scena.


E se presto non arriverà altro manto a ravvivarla, passerà i giorni in balia degli eventi fino a scomparire o a rimanere, indifferente a tutti, in un angolo freddo, ricoperto di polveri e tristezza.


Oggi il destino è un sole pallido che sta sciogliendo il mio paesaggio invernale.


Oggi il destino è una zietta distante che sta gelando il mio paesaggio invernale.



 


A presto zia E. Qua è un gran vuoto e silenzio e gola arida.


Mi tengo stretto.


Una risposta a “PONTI TAGLIATI”

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