POST INTERROTTO. Aiutiamolo a venire….ultimato.

La mia mente malata ha avuto un idea. La mia mente geniale ha avuto la stessa idea. Dopo essersi azzuffate per più di mezz’ora, per rivendicare la maternità dell’intuizione, sono giunte, con un lieve spargimento di sangue, ad un accordo comune. Quale. E’ bhe, non potete pretendere due idee nello stesso giorno. Hanno smesso di picchiarsi e basta. Mettiamola così. Oggi è una giornata schifosa. E presumibilmente lo sarà anche domani. Devo lavorare. E sarebbe già detto tutto. Coordinare, telefonare, prendere informazione, fissare appuntamenti, sentire gente, sperare che altra gente non mi dia buca. Insomma un lavoro non di intelletto, ma basato sulla semplice disponibilità e intelligenza altrui. E questo, con gran probabilità, vuol dire che sono fregato. E la cosa non mi piace affatto. Perché l’unico di cui c’è da fidarsi, qua, sono io. E già sarebbe detto tutto. Se non fosse che c’è anche un tempo schifoso. La valle è immersa in una foschia secca da camposanto. Non c’è separazione fra i toni diluiti in acqua, dei colori in soggettiva, e la neutralità svizzera orizzontale del cielo. Il sole è uno schifo di lampadina da quindici watt, che ti va bene se si vede qualche barlume riflesso, sulle parti metalliche e sui vetri. Inoltre non ho la mia macchina, depositata per i controlli di rito, in una modesta officina di paese, dove l’attrezzo più tecnologico, è un martello. Ho un autoveicolo in prestito che è quasi uguale al mio, e nonostante questo, tocco con la testa sul soffitto. No, non è il problema che magari mi spettino. E’ che se ci fosse il tettuccio apribile, farei prima a guidare con la testa infilata fuori, a modo di periscopio sul sommergibile. E in più non c’è la mia musica. C’è un autoradio troppo tecnologica, che fa qualsiasi tipo di servizietto, tranne che cambiare i ciddì nel caricatore o sintonizzarsi sulla mia stazione preferita. Inoltre, stamattina, nei nove chilometri percorsi verso l’ufficio, almeno una macchina ogni due sbucava da una curva, viaggiando per metà sulla mia carreggiata. Ho cercato, nel dubbio, bandiere della Union Jack in giro, per vedere se magari, nottestante, mi ero materializzato nella simpatica Inghilterra. Ma ho riconosciuto, anche troppo vicine, le solite dieci facce, che ormai da cinque anni, mi sfilano a fianco, ma generalmente sulla loro corsia. So che molti di voi ora staranno pensando :-Madonna che acido, ha dormito col culo scoperto e si è alzato col piede sbagliato. Invece no. Sono sereno come un neonato di qualche mese, con il pollice in bocca e l’altra mano a rovistare fra la scollatura della zia bona. Quindi sto un incanto. Solo mi manca tempo per scrivere uno dei miei soliti lunghi sproloqui tanto amati dai miei gentili lettori. Adesso penserete :-Eviva! Eviva! Finalmente per una volta si riesce ad arrivare in fondo ad un post senza perdere la pausa pranzo o senza dover far a finta di averlo letto tutto. Ed è qua che vi frego. Si perché l’idea consta in questo.

 

Ora io scrivo l’inizio di un post qualsiasi. Bhe non proprio qualsiasi. Scriverò l’inizio di una leggenda metropolitana. E poi starà a voi, nei commenti, e commento dopo commento, darle uno sviluppo, nel modo che più riterrete opportuno. Ovviamente serve un po’ di collaborazione. Questo è un esperimento, vi voglio mettere alla prova. Ovviamente non vige nessun obbligo o regola. Ci si può astenere o postare il solito “ciao buongiorno”. Ma chi vuol dare una continuazione e un finale al post, può farlo nei modi e nella lunghezza desiderata, senza vincoli, limiti e remore alcuno. E io ho pensato che..

 

 

 

“ Era un sabato notte da lupi e nella aria tardo estiva, ancora calda, scrosciavano fiumi di pioggia. Fiumi così in piena che i tergicristalli non riuscivano a farli defluire dal parabrezza, già per altro pesantemente messo alla prova, dall’appannamento interno provocato dai respiri affannati e dall’ alito fortemente alcolico del conducente.

:- Cazzo quanto gira questa giostra, non mi riesce di tenerla a destra. Stavo pensando, mentre tentavo di mettere a fuoco la curva successiva, tra le gocce di pioggia che rendevano gli occhiali come un vetro satinato e la scarsa luce proiettata dagli abbaglianti.

:- Cristo, la devo smettere di bere così tanto. Non mi fa affatto bene. Non mi fa per nulla bene. Sento che sto per vomitare. Tento con respiri profondi, come di una donna partoriente, di rimettere in ordine lo scombussolamento dello stomaco. Un lampo di luce elettrica rischiara la notte seguito da un fragoroso tuono. Appena in tempo per richiamare la mia attenzione, sulla figura nera che agita come un ossessa, in mezzo alla strada, le braccia per farmi fermare.

:-Cazzo vuole questo? Ehi amico, togliti di lì, non sono nelle condizioni di aiutarti! Ehi, abbi pazienza, vedrai che passerà presto qualcuno che ti potrà essere più utile del sottoscritto.

Cerco di spostarmi sulla sinistra per evitarlo e procedere oltre, ma questo mi si piazza davanti a costo di farsi investire. Sono obbligato a fermarmi. Qualche decine di metri più avanti, dietro la curva, noto, tra banchi di nebbia, le quattro frecce lampeggianti di una vettura. Abbasso il finestrino destro, e mentre scrosci di acqua piovono all’interno sul sedile, aspetto che la figura che mi ha bloccato, si affacci. Il suo profumo invade l’abitacolo, coprendo l’odore di polvere in evaporazione, che accompagna il temporale. Nel nero assoluto della notte, il bagliore bianco del suo sorriso, è il più potente dei lampi che squarcia l’oscurità. Sotto l’impermeabile calato sopra gli occhi, intravedo il solco dei suoi seni piedi. Respiro boccate dell’aria fresca che entra dall’esterno, come se fossero pinte di acqua dissetante e analcolica. Riprendo un certo barlume di lucidità.

:- Ciao. Sei stato gentilissimo a fermarti.

Io questa voce l’ho gia sentita.

:- Sai ci si è bloccata la macchina qua avanti. Il mio ragazzo ha esagerato un pò col bere e siamo finiti con due ruote nel fossato. Hei, tutto bene? Ci sei?

:- Si, si scusa, è solo che stavo pensando alla tua voce. Mi pare di averla gia sentita.

:- Probabile sai. Sono Elisabetta Canalis. Mi fa, togliendosi il cappuccio dell’impermeabile di testa e infilandosi svelata nell’abitacolo.

Abbasso il finestrino dal mio lato e infilo fuori la testa il più possibile, mentre secchi di pioggia mi si infilano attraverso il colletto, lungo la schiena.

Vomito

:- Accidenti, sono così brutta da fare questo effetto?

Mi vergogno come un cane.

:- No no anzi…è solo che ….ho mangiato un po’ pesante.

:- E’ si, può capitare. Meglio ora?

:- Si si, fresco come una rosa.

:-Senti ci potremmo avvicinare all’auto del mio ragazzo, che vedo se si è ripreso?

Il temporale non accenna a diminuire. L’interno della macchina è avvolto velocemente, dalla densità fisica della sua presenza. Un diverso tipo di stordimento si prende gioco di me.

:- Uhm senti, ma il tuo ragazzo è lui, dico, quel lui?

:- Se intendi Christian Vieri, si è lui.

Sorrido sarcastico, guardandola per la prima volta negli occhi.

:- Vuoi dirmi che Christian Vieri si è addormentato in macchina ubriaco lasciandoti qui sola e senza aiuto, sotto questo diluvio? E’ proprio un interista allora. Ahahahahahah! Ingrano la marcia e riparto sgommando, sfrecciando a fianco della Porches, bloccata sul ciglio della strada.

:-Ma ma. Lei mi fa.

Affondo il pedale nell’acceleratore.     

 

 

 

 

31 Risposte a “POST INTERROTTO. Aiutiamolo a venire….ultimato.”

  1. fai qualcosa per questi colori però!!!!!!!!!!!!!!!!!!

    non avrei voglia di ripassare sotto al laser …

    facciamo così: tu cambi colore e grandezza e io ti mando un finale per qualcosa, eh?

    buon fine settimana

  2. Grazie grazie troppobbuono! Starò attenta per la strada…

    Questa idea malsana chissà se funzionerebbe in un blog con i post aperti a tutti, un po’ come il gioco dei foglietti dove uno iniziava la storia e gli altri dovevano continuarla…

  3. ALTRA NOTA DELL’AUTORE.

    Per chi intendesse proseguire, regolamento vuole che la storia debba continuare da dove è stata interrotta dal commentatore precente.

    Quindi…io sono a casa mia con la Canalis e giustamente, il Vieri, è steso come un pirla in mezzo alla strada, snobbato da due procaci signorine.

  4. i tuoi “imbratti” sono sempre piacevoli 🙂

    detto questo..il post l’ho letto tutto e subito questa volta ;P solo non so davvero come continuarlo..gatta sorniona..e pigrona.

    buon we caro mart! bacio

  5. sì, me lo ricordo quel sabato. Io e Fra tornavamo a casa, quasi sobrie. Dopo una curva i segni di una sgommata fresca sull’asfalto, poco più avanti una porsche con due ruote nel fossato.

    “Accelera, Sel, vagli addosso e metti la parola fine all’esistenza di quel veicolo!”

    “Dai, Fra, fermiamoci, magari c’è qualcuno che ha bisogno di aiuto lì dentro, con sto tempo e a quest’ora di notte chissà quando passa il prossimo essere vivente…”

    “Stai scherzando, vero? Sel, dico, è una porsche quella… se possiamo fare qualcosa di buono per il genere umano è abbatterla!”

    “Fra, ancora sta storia della lotta di classe? C’è stata la pacificazione, siamo tutti di centrodestra o centrosinistra o centrocentro o centrounpodiqua o centrounpodila e tu ancora che fai la comunista? Io mi fermo a vedere”

    “Tanto fai sempre come ti pare” e mi mette su il muso.

    Scendo sotto una pioggia martellante. Fra, braccia conserte e grugno, non si muove.

    “Fra, vieni, c’è un tizio qui dentro, magari sta male”

    “Sel vaffanculo non scendo sotto sta pioggia per un deficiente con la porsche”

    Ma alla fine si muove, prendiamo il tizio io per le braccia, lei per i piedi e lo sdraiamo per terra.

    “Magari sotto la pioggia rinviene…”

    “Sì, Sel, ma guarda che faccia da deficiente, te l’ho detto che era un deficiente…”

    “Fra…. ma non è che è morto?”

    “Sì, si è morto, dai andiamo…”

    “No aspetta, sta parlando…”

    Il tizio “Brutta stronza, bagascia, qui mi ha mollato…”

    Fra: “Ecco, vedi, è vivo e deficiente, andiamo ora?”

    Io: “Dai, aspetta Fra… senti tu, tutto bene, che ti è successo?”

    Il tizio: “Ma niente, sono finito fuori strada… ero con la mia tipa e la stronza se ne è andata via con uno mollandomi qui”

    Fra: “La sua tipa?!? Ma come cazzo parla questo qui?”

    “Per favore, Fra… Senti, come ti chiami? Possiamo aiutarti? Chiamare qualcuno?”

    Lui: “Come? come mi chiamo, ma da dove venite voi due? Dalla luna? Sono Christian Vieri”

    Fra: “Mò gli alzo le mani a questo… echiccazz’è Christian Vieri?”

    La guardo interrogativa e poi guardo lui, cercando nella mia testa fra vecchi compagni di classe, conoscenti occasionali, clienti del ristorante, se per caso trovavo uno con quella faccia da idiota lì. Niente. Lo guardo, alzo le spalle.

    Lui: “Christian Vieri, Bobo!”

    Fra: “Bubu! Maddai Sel, checcazzo stiamo a perdere tempo con uno che c’ha il nome di un cane e una faccia da deficiente?”

    “Sì, Fra, hai ragione, come sempre… andiamo”

  6. dammi un weeken e te lo completo… dimi solo in che sfondo lo vuoi…romantico, erotico..o tutt’altro e giuro che per lunedì ti fornisco un finale!!!volevo trovare anke qualche immagina completa da metterti nei commenti, ma non riesco a scaricare l’html per farlo!! sorry… giuro che appena inizio a destreggiarmi bene con sto linguaggio te la pubblico!!!

  7. Ho preso un’ora di permesso e l’ho letto. Ma non so come continuarlo.. mannaggia.. allora lei dice “ma..ma..” e tu te ne fotti e le offri un bagno caldo, due chiacchiere (giusto due perchè lei sarà sfinita) davanti al camino ed il tuo letto accogliente. Ovviamente tu dormirai sul divano. Ma dal quel momento sarete inseparabili e tra qualche tempo sulle riviste rosa la foto del calciatore al fianco dell’ex velina saranno sostituite dalle tue.

    (e con questa lettura + commento mi sono aggiudicata il diritto di non leggere più i post, eh?)

    PS: ti scherzo e tibbacio e buon weekend! 🙂

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