PROVE DI UN MATRIMONIO E QUATTRO FUNERALI

La ragazza mi si siede a cavalcioni, mentre affondo nel divano a motivi floreali, rossi e verdi e blu.

Ha degli occhi molto scuri allungati alle estremità e una frangia nera a taglio sfasato che ricade sopra, in un effetto vedo e non vedo. Scotta ed emette calore come una stufa elettrica e penso che non c’è posto più piacevole dove scaldarsi le mani, in un freddo fine nottata d’inverno.

Sono parecchio assente, per l’alcool, il sonno e l’abbuffata culinaria dell’agriturismo e non ho percezione del tatto e di dove le mie mani finiscano e se finiscano effettivamente da qualche parte o rimangano scoordinate, attaccate al loro posto.

Ma ne dubito proprio, solo non mi ricordo, come se stesse succedendo in una passata dimensione temporale.

Lei mi mordicchia il lobo e poi mi infila la lingua umidiccia nell’orecchio, facendomi un effetto solletico e brivido di freddo, mentre i capelli disordinati mi coprono la faccia.

E’ parecchio disinibita, più della media a me conosciuta per lo meno.

La location, può far presupporre che tutte lo siano, ma in realtà, a volte ti becchi delle gran acidone e non è affatto simpatico. Questa invece mi sa che lo fa per puro piacere personale più che per lavoro e la cosa non è affatto male. Forse lei è il cliente e io la volontaria vittima. Un gioco a ruoli invertiti.

Si slancia all’indietro col tronco, facendo rovesciare i capelli nell’aria e simulando amplessi furibondi con un imbizzarrito movimento di bacino.

Sono parecchio distratto e mentre lei cerca di attirare la mia attenzione, la mia si sposta sulla coppia alle nostre spalle.

Un tipo che potrei essere un io qualsiasi, alle prese con un energumeno massiccio di un metro e ottanta, con delle spalle da boscaiolo e delle gambe da calciatore, impegnata in una qualche sorta di movenza provocante.

Il sederone e la schiena bianco panna, riverberano nelle poche luci del privè, come una luna piena e lattiginosa, nella notte stellata di lampade strombo sottoritmo.

Con la testa rovesciata all’indietro, anche lei si accorge dello spettacolone e mi fa

:-Visto che culone?

Io che sono galante e gentile di natura le dico:- Bhè..io preferisco il tuo baby ! ..Con il risultato molto apprezzato che lei si toglie quasi del tutto quel poco che ha addosso e continua ad allungare le mani qua e la e a fare apprezzamenti sul contenuto della mia maglietta e sollevare dubbi sulla mia vita da single perenne.

Vedi un po’ te se al giorno d’oggi paghi, e ancora non ti credono.

Sono parecchio stanco e sfasato e con poca voglia di applicarmi alla causa materiale e quindi mi godo semplicemente il suo tepore corporeo pressato addosso e il profumo della crema sulla pelle, mentre parliamo di cose indefinite che mi entrano e mi escono involontarie come se non mi riguardassero.

Di tutta quella pelle nuda e invitante, mi piacciono gli occhi stretti e scuri, appena intravisti dietro i capelli e dietro le ciglia. Glielo faccio notare, sinceramente come dovrei fare con una fidanzatina.

Lei apprezza.

Ma continua a non credermi.

O forse non era esattamente quello che voleva. Il tempo finisce. Sarei volentieri rimasto a fare un pisolino.

All’uscita, mi guardo la faccia dentro uno dei tanti specchi, per verificare se all’improvviso, mi è venuto il mascellone da sciupa-femmine o gli occhi da mascalzone latino.

Ma c’hò sempre la faccia ubriaca e scema del sabato sera, allegra ma stanca, come solo può esserlo all’alba.

Gli altri sono sul divanetto nella zona centrale.

F, nonostante gli sbandierati impegni a starsene lontano dai night per un po’, ha accostato su nel piazzale di slancio, quando ormai l’orologio faceva quasi le tre e il bivio per casa, era lì, a portata di mano, sull’altro lato della strada.

Ora si sta intrattenendo con la seconda o terza tipa della serata. In questo campo è un vero guru. Se solo un po’ di prestanza e presenza fisica e la stessa scioltezza nello sciolinare frasi d’occorrenza, lo accompagnassero anche nella vita reale, sarebbe un latin lover.

W se ne sta con la sua perenne faccia da funerale, con lo sguardo abbassato e l’animo scazzoso. I quindici euro dell’ingresso probabilmente gravano troppo, sulle sue braccina corte da figlio unico, accumula soldi.

E pensare che in tutta la serata, non ha scucito un soldo per pagare manco un bicchiere d’acqua naturale, tanto per cambiare.

Sta di fatto che la tipa color cioccolato, che sta sulle ginocchia di F, lo vede tutto imbronciato lì di fronte e gli fa?

:-Ehi..ma sei incazzato?

:-……(silenzio)

:- Incazzato nero? ……..Più di me?

Risata generale e fiamme d’odio negli occhi e sbuffate d’insofferenza per W.

E’ sempre controvoglia che si lascia il caldo da focolare domestico del night club, per uscirsene fuori nella notte gelida. Se ci fosse la mamma che mi cucina il pranzo, io ci farei l’abbonamento.

 

La serata in ogni modo è stata un vero spasso. Sopra le righe da subito in partenza. Già sui tornanti che portano al localino tipico travestito da agriturismo, scatta la cassetta gialla del raccoltone Ottoottotre dentro al mangianastri polveroso della Jeep di F.

E non è affatto buon segno, perché sul ritornello di Rotta per casa di Dio, urliamo scampanati come quattro impasticcati all’alba di ritorno da un rave.

E sono solo le ventuno.

L, futura sposina di C. festeggia il suo compleanno nel ristorante, dove fra qualche mesetto, festeggerà le sue nozze. Noi ovviamente ne approfittiamo per prendere confidenza con il bancone del bar. Chiamiamolo sopralluogo preventivo. Quando il barista ci vede arrivare, pare come arretrare e mettere i due indici a croce, come davanti a un gruppo di vampiri assetati d’alcool.

Stasera abbiamo al seguito, un discreto numero di donzelle.

Tre.

Ovviamente non di nostra competenza.

D, la morbida fidanzata di P, F rossiccia e timida amica di D in fuga dall’astuto fidanzato, e la testimone della sposa, gnocca spaziale ex compagna di classe mai vista in precedenza, accompagnata dal fidanzato storico.

Un animale da bancone, travestito da bravo ragazzo per la buona causa della passerina.

La banda si raggruppa alla periferia della tavolata, in modo da essere più libera e censurata all’audio, nei suoi discorsi da osteria numero mille.

Gli spatzle tirolesi e i tortini di patate sono una delicatezza per il palato, mi faccio piastrare una bistecca di dinosauro sul finire, perché le polpette di lucanica le evito, in dedizione alla forma fisica e alla digestione da fighetta che mi ritrovo.

Il vino rosso è orribile, pastoso e amaro, come la gente di questi posti.

Mi butto su quello bianco che dal canto suo, sembra un vendemmiato di mele, ma almeno scivola giù più amabile nella gola.

Gli argomenti della serata sono importanti, impegnati e di classe come dentro un talk show televisivo di seconda serata. Si spazia equamente tra, “indovina indovinello la taglia delle tette della testimone”, “io la testimone me la farei”, “tu al matrimonio fai ubriacare i fidanzati che noi ci ripassiamo tutte le ragazze” e “madonna che cosce la cameriera”.

Facciamo un gran bell’audience e una percentuale di share invidiabile.

A tratti, dall’opposto della tavolata si alzano occhiate scongiuranti, mani nei capelli per la disperazione, sorrisi di rassegnazione e “shhhhhhhhh fate piano che vi sentono”.

La compagnia che banchetta a fianco a noi, sembra una famigliola al pranzo della Prima Comunione.

Una serie di coppiette di venti – trentenni, smunte e raggrinzite con dei sorrisi spenti da storia in declino.

O mai decollata.

Le ragazze, trascurate di per se, ed evidentemente trascurate anche dai compagni, dedicano la loro attenzione affascinata, all’immancabile Mister Sò-tutto-io che, pieno di se per gli sguardi attenti delle donnine, di dibatte come un pesce arenato fuor d’acqua, in performance idiote, frasi finto brillanti e accenti napoletani.

E mi brucia un po’, la convinzione, che il Fesso stasera, se la spasserà sicuramente tra le carni, ardenti di passione repressa, di qualcuna delle finte brave fidanzatine.

Ovviamente non ci tiriamo indietro, e lanciamo qualche frecciatina più o meno silenziosa ai malcapitati, tanto per rivalerci in parte, di quest’ingiustizia.

La cenetta giunge al termine, tra una pioggia di amari e liquori zuccherati, messi a coperchio sopra il calderone ingerito. Mi avvicino a L, la festeggiata, per assicurarmi che la nostra, innata sregolatezza, non abbia provocato danni rilevanti.

Bene.

La testimone non è rimasta scioccata, il suo fidanzato non ha ancora intenzione di picchiarci e noi, siamo ancora invitati al matrimonio. Anzi, domani a cena, distribuzione ufficiale degli inviti.

L. è terribilmente gentile e soprattutto ormai ci conosce da anni.

Quindi ci ha messo una pietra sopra.

Sopporta, scrollando la testa e facendosi delle grasse risate.

:-Siete dei bambinoni, degli eterni Peter Pan. E’ solita dirci. Come giustificazione.

 

Ci trasferiamo quasi in blocco, in un disco pub della zona, dove siamo degli abitué.

Ingresso trionfale come Tony Manero nella disco di Saturday Night Fever.

Mani affondate nelle tasche, entro per primo, facendomi strada a spallate verso il bancone, tra giovani truzzi e solite facce note.

Scarna presenza femminile.

Ormai, vista l’ora, gran parte delle ragazze, saranno gia ansimanti, su qualche sedile ribaltabile, in una macchina mal nascosta, sotto qualche filare di viti.

Un paio di cocktail colorati e dolci, sono quello che mi ci vuole, dopo la presenza acida e gli impatti densi del vino.

Mi sorseggio, un vodka alla fragola e redbull, qualcosa di non ben identificato e un moijto per finire, mentre mi godo i contatti fugaci e involontari, con i morbidi, caldi e prosperosi davanzali di D e F, che abbastanza brille, si strusciano carenti di equilibrio e mi tastano qua e la con gli indici.

:-Guarda guarda..ha forza di bere ti sta venendo la pancetta. Mi fa D.

Ce ne ho giusto un filo e la cosa mi tocca nel profondo.

:-Non credo proprio.  Le dico gonfiando il petto e tirando la pancia in dentro.

Passa una tipa con una scollatura a U da urlo che praticamente lascia a malapena al caldo i capezzoli.

Faccio spostare D e F e la seguo con lo sguardo allupato, fingendo di infilarle la cannuccia del drink, dentro quel solco delizioso, ed aspirare.

:-Ma c’ha le smagliature! Mi fa ancora D.

:- Si si certo..due grosse e rotonde smagliature. Le dico per provocarla.

Lei mi da un pugno simpatico sulla spalla e penso ma non dico.

:-Anche tu hai un bel paio di smagliature pupa! Possiamo provare a fare qualcosa per aiutarle?

Solo che P, si è messo in testa, di essere un mio ottimo amico. E D è al sua fidanzata. E che ci vuoi fare.

Esco per ultimo dal locale con gran soddisfazione, spazzato fuori dalle cameriere a colpi di ramazza.

 

Sono quasi le tre, e nel cielo stellato, vedo la costellazione del mio piumone.

Solo che F, dopo qualche chilometro, confonde l’insegna del night, con la sua stella polare.

E accosta a destra. E son storie già dette.

 

Le cinque e già le prime luci dell’alba dietro le pieghe delle montagne.

Finalmente, mi infilo dentro il letto gelido, nella casa che sa gia di risveglio.

Il tempo di avviare il cd …“look at the stars, look at they shine for you..”e qualche nota di pianoforte e poi la nebbia del sonno calare e la mano di mia sorella che fruga sul comodino alla ricerca del telecomando e la luce azzurra dello stereo che si spegne sulla camera…e il sipario che si chiude sull’ ennesimo sabato sera.

Si chiude con un fruscio vellutato che scivola, silenzioso, sul palco in legno del mio teatro.

Si riapre di già, qualche ora dopo.

Appena le otto.

Tre ore di sonno e la mente è gia sveglia.

Ha ripreso a macinare. Nonostante il corpo reclami riposo fisico, lei mulina pensieri, veloce e instancabile.

Solo una pausa di rifornimento.

La testa che pulsa.

Era inevitabile.

La cena abbondande, il night club e la redbull e i fotogrammi veloci in flashback della serata sono una droga a base di caffeina che comanda la mente, impedendo agli occhi di chiudersi. Un mix letale di eccitazione e febbrile attività di nervi, che mi tende i muscoli e mi riempie di adrenalina.

Provo ad abbassare le palpebre, ma queste si riaprono come in un congegno a molla.

Desisto.

Sò che è una battaglia persa.

Mi metto a faccia in su e lascio che siano i pensieri che si rincorrono e la vita che continua il suo giro, a scandire e riempire, le ore mancanti al risveglio ufficiale.

I primi suoni esterni, le nonne che vanno alla prima messa, macchine di sciatori sulla strada, la legna infilata nel focolare, il caffè che gorgoglia. Un uomo che tossisce quasi strangolandosi con i biscotti come ogni mattina, i cori della messa alla tv, le campane della domenica prima delle dieci. Mia sorella che si alza per il lavoro. Mia sorella che rientra in camera per mettersi il mio profumo. Il flash di luce bianco ogni volta che la porta si apre. Uomini che tornano dall’aperitivo al bar. Alternati pensieri peccaminosi sotto le lenzuola. Alternati pensieri romantici per giornate senza data. Alternati piacevoli pensieri di amicizie nuove e lontane e senza profili fisici. Persone che ti si affezionano, persone che ti confermano la loro estraneità. Frasi da immagazzinare nella testa per il post del lunedì.

Il flash di luce bianco ogni volta che la porta si apre.

 

:-MARt…è mezzogiorno.

:-Mummy!..mi sa che non pranzo..Mi apri le persiane per favore? No..no, lascia anche la finestra aperta..

 

Il piumone arrotolato all’altezza della vita e l’aria pungente sulla pelle nuda del torace. Il riflesso del sole sull’intonaco bianco della casa di fronte, disegna figure geometriche cubiste sul soffitto e sui vetri aperti. Un passero o un pettirosso che non vedo, ma sento molto vicino, cinguetta al tempo di Amsterdam, perdendosi poi, nel ritmo, troppo incalzante, della strofa finale.

Abbasso lo sguardo sulla pelle nuda. Sono termoresistente all’aria invernale, mi godo la carezza leggera fatta di piccoli soffi e brividi intervallati a leggere scosse in cui scarico tensioni. Ma ho bisogno di una ceretta e gli addominali, si stanno ritirando verso l’alto, come lingue di ghiacciai estive.

Sospiro.

Devo darmi una regolata.

Devo prendere un Moment per il mal di testa.

 

Quattro del pomeriggio. La cucina di L è in disordine. Rimasugli di festicciole di compleanno.

Arriviamo e i parenti ci lasciano campo.

:-Una fetta di torta ragazzi?

Sono senza pranzo e un iniezione di zuccheri potrebbe far bene alla pressione bassa della domenica pomeriggio.

:-Grazie L..piccola però..

:-Ho anche del vino bianco!

:-L !! Non scherziamo su.

Guardo le facce.

La mia la ho gia vista allo specchio poco fa, mentre tentavo di rianimarla con un po’ di cremine magiche.

Quella di F, nonostante il night, è la faccia scazzosa e i capelli arruffati, di chi a preso l’ennesimo due di picche, ancora nel pre-serata, e astemio, non ha nemmeno potuto bere per dimenticare.

Quella di B, è la faccia da ragioniere diligente d’ufficio, in ciucca dal sabato pomeriggio.

Quella di T, la faccia di uno che alle otto di sera, prende l’Aulin per il mal di testa. E poi esce con noi.

 

Quattro brutte facce cerulee. Quattro simpatiche facce sbattute.

Da funerale.

Quattro residui di weekend che stonano, con gli occhi radiosi di C & L.

Che ci guardano scuotendo la testa, piena di quei loro sorrisi di felicità e agitazione.

Felicità e agitazione di chi si sposa.

 

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