QUATTRO, CINQUE, ALLEGRI RAGAZZI MORTI

Van Pettegen ha addosso il suo sorriso strafottente di denti giallo verdi e fa cenno – guardate dietro di me- con un movimento laterale della testa. Poi la scuote senza speranza in segno di – che condizione, che idiota – e alza gli occhi al cielo. Sta cercando di togliersi qualche residuo della cena rimasto fra i denti, aspirando con forza dall’interno della bocca chiusa ed emettendo, al contempo, uno strano sibilo, tipo perdita d’aria. Qualche hanno fa, quando per motivi ignoti, gli avevano re-impiantato i denti frontali, un ponte o che ne so, seppur fossero enormi e troppo piatti e non si intonassero con il resto della bocca, avevano almeno la parvenza di un colore bianco, seppur artificiale. Ora a distanza di breve tempo, hanno a loro volta acquistato la sgradevole venatura gorgonzola del resto del sorriso. Sorriso che ad essere onesti, non è affatto male e soprattutto, con mia sublime invidia, perfettamente fotogenico. Sta di fatto però, che sopra una faccia già evidenziata da una barba lasciata volutamente incolta e che, bisogna ammetterlo, ultimamente lo inebria di buon umore, una dentatura bianca farebbe, per contrasto, la sua porca figura, invece di lasciarti decisamente schifato, come, almeno al sottoscritto, regolarmente succede. Non ho mai indagato sulla qualità della cura dell’igiene orale di Van Petteghen, ma non essendo un fumatore e visti  i risultati, mi viene facile credere, che sia alquanto limitata. Luis, inoltre, ha un notevole problema di peluria in eccesso che si guarda bene dal voler risolvere. Ad essere onesti tutti i miei amici hanno un notevole problema di peluria in eccesso che si guardano bene dal risolvere.

Il solo Dickens se la potrebbe passare vagamente liscia e più volte ho pensato, che un buon curatore del look, un visagista suppongo, lo potrebbe far diventare un gran bel tipo. Qualche volta ad essere onesti, ho avuto la tentazione di dirgli. Buttargli dei consigli. Del tipo. Ma perché non cambi quegli occhiali dalla montatura datata eh Paul? Perché non lasci quel taglio da chierichetto per qualcosa di più. Sfrontato, cazzo? Perché non ti compri dei vestiti alla moda. Moda 2004-2005 intendo? Ma poi ho creduto bene di lasciarlo nel suo brodo. In fondo c’è gia concorrenza a sufficienza senza che me ne procacci di ulteriore da solo. E poi Dickens a volte è troppo vecchio dentro per poterlo cambiare. E, a dirla ancor più franca, non si capisce come, ha già quella vecchia calda gatta della collega per le mani che, a parte fargli perdere alcune delle serate migliori, suppongo gli dia di che essere soddisfatto. E allora che vada a farsi fottere.

Ci giriamo tutti verso il punto indicato da Van Petteghen, certi che non si tratti sicuramente di un avvistamento di topa. Quando siamo in giro, a meno che non sia ubriaco, mi chiedo a che diavolo pensi Luis, dato che si guarda bene dal segnalare una qual si voglia bellezza nei paraggi, con un occhiata o un colpo di gomito nei fianchi. A volte gli amici son dei gran bastardi e, con la carenza che c’è in giro, farti perdere una passerina che fila verso il bagno, è una vera carognata. Io l’ho gia visto il solito sfigato al capo del bancone che tamburella la cupola in vetro del freezer delle vodke tenendo il ritmo di una qualche stupida canzone. Ma per quanto lo trovi inutile ed assurdo, vuoto e mal vestito, per quanto mi stia sulle palle il fatto di averlo beccato un tot di sere in compagnia di più tipe, seppur dei cessi, in ogni modo divertite e partecipi della sua idiozia, e seppur con il suo battimani, mi stia disturbando mentre voglio sentire l’unica canzone decente della serata (Cosmic Girl di Jamiroquai), per il resto mi lascia indifferente, e di conseguenza trovo banale mettersi a schernirlo a distanza quando si ha, molto del proprio, con cui fare altrettanto pessima figura. In fondo vedete sono un ragazzo conscio dei propri limiti, accondiscendente anche verso i casi più estremi. Certa gente andrebbe semplicemente eliminata. Affondo il naso dentro il mio bicchiere di Syrah annata 2003, sei mesi in botti di rovere, e me ne lascio scivolare, prima nel palato e poi in gola, un sorso profondo.

Carretier, da parte sua, con la sua vista da undici decimi, sta radiografando una tipa seduta al bancone a qualche metro di distanza. A quanto pare, lui e solo lui, dal suo angolo di visuale, riesce a scorgere un buon quarto di perizoma nero dal taglio sportivo non merlettato, che fuoriesce da un paio di jeans D&G dalla vita bassissima e dentro i quali, sempre a suo dire, ci si potrebbe infilare la mano fino all’avambraccio, per quanto non sono aderenti in vita. Ci avvitiamo tutti dalle nostre postazioni, rotando colli e occhi all’estremo, ma tutto quello che riusciamo a vedere, è un piumino invernale dall’improponibile colore verde, accomodato sullo schienale metallico dello sgabello. Carretier manco questa sera si è pettinato i capelli grigi e ormai sempre più radi (presto seguirà le mie orme) che a vent’otto anni e ormai da almeno cinque, lo invecchiano a dismisura, facendolo passare per un quasi quarantenne, quindi per nostro padre, anche grazie al fisico, ormai prossimo ai centoventi chili, che lo fa assomigliare  a un cinquantenne fuori forma, quindi nostro padre bisognoso di una dieta. Temo che Robert, (la cosa mi da un certo sollievo) sia quello con meno prospettive dei cinque, di avere una prole con metodi legali, entro i prossimi dieci anni. Per metodi legali intendo niente violenze sessuali, donne straniere, mogli a pagamento o uteri in affitto. Nonostante a volte pure lui se ne renda conto scherzandovi con una maldestra ironia, troppo spesso lo vedo comunque convinto di poter sfondare nel mondo del sesso e dell’amore, pur non facendo nulla per migliorare la sua presenza fisica e anche comportamentale. Non sta certo a me farglielo notare, anche se a volte, quando la sua ingombrante presenza ci fa sprofondare nella vergogna, mi trovo a chiedermi, a che serva allora un amico. Ma c’è una strana versione dell’amicizia che aleggia sopra questo gruppo. E’ convivenza volontaria e forzata dal destino, un fare numero e presenza dentro la società della notte, una coesistenza possibile solo per l’ormai assuefazione ai reciproci difetti, un teatrino del trash, uno sberleffo maldestro alla solitudine. La versione base dell’amicizia. Quattro ruote, un volante e cinquantacinque cavalli benzina. Il tutto ad esclusivo uso dell’intero weekend e in casi eccezionali, al martedì sera di Land and Bistrot.

La nostra postazione è nel punto di ingresso alla sala ristorante e soprattutto nei pressi del bagno femminile. Come dice Carretier – prima o poi da lì passano tutte. E per non smentirlo, entro qualche minuto, la vera topa numero uno del locale, ci sfila davanti come tra due ali (festanti) di folla.

McBryde tanto per cambiare, si fa andare di traverso un sorso della sua Corona Extra da 33 cl e inizia a tossire senza mollare la presa sulla bottiglia, rantolando lento sul pavimento. Patrick è un tipo niente male fotograficamente parlando, e anche dal vivo, pur essendo non sufficientemente alto e sempre più tarchiato, è abbastanza gradevole. La sua fregatura è decisamente la presenza, o meglio assenza, mentale e verbale. Se ne esce troppo spesso (con le donne si intende) con delle incongruenze e delle assurdità tali, che taglierebbero gambe, pisello e speranze, anche al più fico degli sventrapassere. Inoltre, essendogli l’uso della lingua madre del tutto sconosciuto, ogni tentativo si tramuta in un clamoroso impaccio e in una notevole profusione di sudore agitato. Prima di aggregarsi per solitudine al gruppo, McBryde pare si ripassasse con gran gusto, una tipa di campagna molto trash, dalle tette maestose e di una stronzaggine altrettanto ingombrante che, si vede, non ha ancora del tutto dimenticato. La madre di Patrick, pare sia un vero gatto appeso ai maroni per quanto riguarda la vita amorosa del figlio. Gli sta continuamente col fiato sul collo, desiderosa di vederlo al più presto, morto e sepolto dentro un rapporto di coppia. McBryde, risentendo della cosa in termini di ossessione e nervi a fior di pelle, oltre a dare di tanto in tanto in escandescenza, frequentemente se ne è uscito con le classiche frustrazioni sessuali e amorose da single, delle quali noi, il resto del gruppo, diciamocelo chiaramente, ce ne sbattiamo le palle.

La tipa infilata nel bagno, come di consuetudine, ci passa il tempo di un altro giro di drink. Io opto, seppur il passaggio rosso-bianco non sia consigliabile, per un Traminer Aromatico 2003 che è quasi, un passito per quanto è dolce e profumato. Poi Jenny Bunderwool esce finalmente da quel dannato bagno e così le posso dare un ennesima occhiata. Certo con quel paio di tette potrebbe incantare anche un serpente ma ad uno sguardo neppur troppo attento, lo stomaco gonfio da birraiolo tedesco che si porta appresso, le fa perdere tutta la mia considerazione. Indossa il solito top nero sopra i jeans Armani e, nonostante la stazza imponente del tronco superiore, noto le gambe sottili e un sedere, che potrebbe essere più pieno. E truccatissima come sempre e gli occhi allungati alle estremità e sottili sotto la frangia nera, non le fanno di certo l’aria di una stinca di santo. Abbassa lo sguardo mentre passa nei paraggi di Van Petteghen, Dickens e soprattutto Carretier, che nell’occasione e Dio solo sa come, è sicuro di aver visto che non indossa le mutandine, e poi una volta oltrepassatomi, si gira a lanciarmi un veloce sguardo. Ricambio la preferenza con un veloce giro d’occhi e non battendo ciglio, con dipinta sulla faccia sghemba, un espressione sicura che ho studiato davanti allo specchio.

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