RIMMEL

Non si ricordava come era finita addosso a quel signore bizzarro arrampicato sullo sgabello di fronte al bancone.

Ma ne conosceva a fondo le motivazioni.

Era ubriaca fradicia.

Il che, per una signorina per bene, era gia riprovevole di suo. Se poi ci si aggiunge che nell’urto, il nonnetto era finito con naso e la barba canuta affondati dentro le sue tette al vento, la situazione avrebbe potuto prendere un risvolto che poteva, a seconda dei punti di vista, dirsi comico, grottesco, umiliante o drammatico.

Bè per il nonno sicuramente era stata una bella esperienza. Era un tipo di cultura ma eccentrico in parte, ed inizialmente aveva cercato di mantenere una certa serietà e distacco di facciata. Ma dopo un paio di minuti e sino alal fine della loro conversazione, si era sciolto in sorrisi divertiti ed aveva preso a lisciarsi la barba allegro.

Lei aveva ben poco da dire, si reggeva barcollante sulle gambe e la lingua era ormai un paio di passi avanti ai pensieri. Quindi era troppo tardi per tentare di controllare il susseguirsi degli eventi e in ogni modo non gliene importava un accidente della figuraccia, nonostante lì dentro conoscesse praticamente tutti, e nonostante, ora si trovasse discinta ed arruffata come una gatta appena sveglia, al bancone del bar con un sessantenne ignoto, del quale non conosceva nulla, se non il profumo muschiato della colonia, cha aveva respirato poco prima.

Si era fermata a sedere con lui e gli aveva ordinato un’altra birra gelata, in parte per quel poco doveroso senso di correttezza che le era rimasto ancora in corpo, un po’ perché aveva voglia di allontanarsi dal nugolo di maschi, che dentro nella sala, tra ragazzi e conoscenti e amiche suonate quanto lei, stavano facendo a gara per tentare di infilarsi sotto le sue mutande entro la fine della nottata.

Ed era una serata piovosa, di quelle che iniziano a piovere che devi ancora uscire, quindi un po’ troppo presto e di quelle in cui la pioggia cade troppo lenta e noiosa e sterile di emozioni, anziché massiccia e improvvisa e di breve durata come lei, se proprio fosse necessario che d’estate debba piovere, avrebbe preferito che sia.

Ed era innaturale, ma per lei un abitudine, fingere una gran vena e un gran sorriso, quando in realtà aveva la pelle arsa e la mente stanca e fiaccata da pensieri ricorrenti, che non le davano pace, che la perseguitavano ad ogni ora di ogni giorno, solo per il fatto di non riuscire a respingerli al di la e oltre il più banale e semplice avvenimento quotidiano.

:- Mi spiace un sacco signore, cazzo devo aver bevuto decisamente troppo.

:-Non si preoccupi signorina. Sono errori che tutti abbiamo commesso. Sempre che di errore si possa parlare per una sana e allegra sbronza.

:- A lei è mai capitato?

:-Oh, certo signorina, anche in questo preciso momento.

:- Cazzo, uhm, mi scusi, ma lei, cazzo, mi sembra lucido come di prima mattina. Mi sa che regge l’alcool in maniera divina. Io invece sto un vero schifo.

:-Ho fatto del gran praticantato, sarà per quello. Vedrà, domai sera sarò come nuova.

:-Domani sera forse avrò smaltito la sbronza, sopporterò un mal di testa cane e mi coccolerò uno scazzo cosmico.

:-Uno scazzo cosmico?

:-Si ha presente, palle girate, umore nero, voglia di morire, bassa pressione latente?

:- Questi non mi sembrano gli effetti di una bevuta eccessiva.

:- No infatti, sono gli effetti del ritorno alla normalità. Sarebbe meglio rimanessi ubriaca a vita

:- Credo non sarebbe un granché salutare, ma rimane comunque un ottima soluzione.

:-Lei mi sembra uno abbastanza pratico. C’è mica qualche alternativa?

:- Bè signorina, un alternativa o rimedio a tutta quella sensibilità che si porta dietro gli occhi e dietro questa generosa ed esibita presenza di forme, sarebbe riuscire perennemente a pensare ad altro.

:- E lei dove l’ha vista tutta questa sensibilità?

:- E quello che la fa stare così da schifo, quello che le procura, come lei dice, lo smazzo cosmico.

:-Scazzo cosmico ad essere precisi. Dunque dunque, io sarei troppo sensibile?

:-Saprebbe dare una diversa motivazione all’insorgere dei pensieri che l’assillano e la fanno sorridere solo in superficie?

:- Cazzo, nessuno ha mai notato tutta questa sensibilità. La gente mi nota il culo, le tette, la poca raffinatezza. Ecco al massimo mi hanno appioppato della gran simpatia. Cristo, ma sensibile mai. Ne è sicuro?

:-Vede signorina, agli occhi inesperti, o ad uno sguardo superficiale, il suo apparire annebbia non poco le idee. E il suo modo di fare, questo apparire rusticano che lei ha adottato in maniera naturale per sgusciare via dall’oppressione dei pensieri, inganna anche la mente. Ma ad uno sguardo attento..

:- Lei è più o meno il primo, suppongo sincero, senza secondi fini, che me lo fa notare in un intera esistenza.

:-Sono troppo vecchio per i secondi fini. Se fossi stato più giovane glielo avrei fatto notare comunque per raggiungere il fine. E forse lei mi avrebbe giudicato sentimentale e non sarebbe servito a nulla. O forse ci avrebbe pensato e le avrebbe fatto piacere ma poi avrebbe ugualmente preferito uno che l’avesse notata per le sue curve.

:-Ne è convinto?

:- Ho una buona esperienza anche in questo campo.

:- Nessuno si è mai dichiarato invaghito di me per via della mia sensibilità. Perché se non la nota nessuno, fa male solo a me?

:- Purtroppo la sensibilità va spesso a braccetto con la solitudine.

:- E con la compagnia va un po’ a puttane diciamo.

:- Il termine rende perfettamente l’idea.

:- Credo di non capirci un accidente.

:- Mi permetta signorina. Quali sono le motivazione, le causali, dei suoi momenti bui..dei suoi…

:-Scazzi cosmici?

:- Esatto. Immagino si tratti di amore, vista l’età apparente no? Lei starà impazientemente aspettando il grande amore della vita, il principe a cavallo, o se preferisce, l’industriale in ferrari. Ebbene vede. Noi passiamo tutta la vita ad aspettare, ma è adesso che l’attesa inizia a pesare. A dieci anni aspettiamo impazienti un regalo, a venti stiamo bramando per del sesso, a trenta appunto, attendiamo il grande amore, a quaranta staremo aspettando alzati, un figlio che rientra a tarda notte. A sessanta saremo in una sala d’attesa attendendo che ci dicano di cosa soffriamo. A ottanta è probabile staremo aspettando di morire. La vita è una lunga attesa, più o meno soddisfatta. Che aumenta d’intensità col crescere fisico. Ora sono l’impazienza e la paura della solitudine, gli avversari, che se non ostacolati, inizieranno a corroderle le fondamenta. Ha troppa sensibilità celata dietro la facciata, e non si può permettere di darle libero arbitrio, se non si vuol trovare in un baratro di giorni tristi e luce scarsa. D’altro canto non si può nemmeno permettere di accantonarla del tutto, se veramente desidera essere apprezzata a fondo e pienamente e non solo per questa, seppur vistosa ed opulenta e inebriante apparenza.

:- E…e….e…allora che dovrei fare?

:- Cerchi una mediazione signorina, cerchi un punto d’equilibrio.

Detto questo si alzo, si calò il baschetto nero sugli occhi tristi e segnati. Erano come due feritoie strette e basse che si aprivano esili sul verticale di uno spesso muro di cinta. Appoggiò l’impermeabile di tela cerata sulla spalla, trattenendolo col dito indice. Aveva smesso di piovere.

Tentò di fermarlo, appoggiandogli una mano sul braccio. Aveva la pelle liscia e a tratti nodosa come la corteccia di una betulla.

:-Devo proprio andare, le disse.

Lo guardo uscire con passo incerto ma elegante, finché scomparve oltre l’angolo più estremo della vetrata.

Entro nel bagno delle signore e davanti allo specchio, allacciò sopra la scollatura, quasi tutti i bottoni della camicetta, fin quasi a soffocare e bagnate delle salviette sotto il rubinetto dell’acqua fredda, si tolse il trucco, ormai slavato. Fatto questo usci fuori nuovamente fra gli amici.

Non si erano nemmeno accorti della sua assenza, tanto erano ubriachi. Qualcuno la notò così stranamente abbottonata.

:- Ehi, hai freddo? le chiese.

 

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