RITORNO A SCUOLA.

Fa una certa impressione, o perlomeno  crea l’effimera idea di aver attraversato uno porta spazio temporale, entrare in un centro commerciale e, alzando gli occhi, trovarsi all’interno di una baita in legno, ne più ne meno uguale, seppur con una rivisitazione di materiali moderni, alla più classica delle casette sull’alpe.

Mi aspetto di veder sgattaiolare da un istante all’altro, da dietro un angolo, una vispa Heidi dalle svizzere guanciotte rosse, intenta a rincorrere la capretta di turno. O magari Peter. Trovare il nonno nell’angolo, di fronte al camino acceso. La voce cupa sussurrata tra la barba canuta, come un tuono dietro le montagne. Entra, bevi qualcosa e assaggia del formaggio fresco.

Invece niente di tutto questo. Bhe non proprio niente.

C’è del gran bere. Interi scaffali alle pareti. Caratteristiche creazioni negli spazi centrali. Vini rossi, bianchi, grappe, whisky, liquori. Niente di anormale.

Siamo in un enoteca.

Al posto di Heidi, una tipa bionda in minigonna e giubbino di Jeans. Le calze nere. Sembra una Jo Squillo in miniatura. Per l’altezza le daresti quindici anni. Probabile in realtà, ne abbia una trentina. In quanto tappo, potrebbe anche trovarsi nel posto giusto. E poi nella botte piccola, ci sta il vino buono. Ma in una grande, ci sta molto vino buono.

Entriamo e andiamo al bancone a salutare il commesso venditore. Il sabato pomeriggio abbiamo adottato questo posto in sostituzione del classico aperitivo. E quando la buttiamo sull’alcool, facciamo incetta di amiconi.

Siamo qui per il corso di “introduzione al vino”.

Ad essere onesti, siamo già addentrati da un bel po’. Forse ci siam pure spinti oltre. Sarebbero più consone, un paio di corsi di “allontanamento dalle tentazioni alcoliche”.

Stasera prima lezione.

Metà delle superfici dell’enoteca, sono state sistemate, davanti al telo per il videoproiettore, a modo di classe scolastica, con tavolini e panche ripiegabili da festa campestre. Siamo tra i primi. Il tecnico relatore, un sommellier di una cantina locale, sta bestemmiando per un portatile mal funzionante.

Ai tempi della scuola arrivare tra i primi mi è sempre piaciuto. Mi dava quella sensazione di tranquillità quasi domestica, con i pavimenti che odoravano ancora di detersivo e classi e corridoi, che andavano riempiendosi gradualmente. Stare sulla porta osservando le facce dei compagni arrivare con le espressioni del caso. Scazzi, tensioni, sonno latente, menefreghismo più assoluto. Poi l’attesa del proff. Quel gusto  dolce sul palato del non vederlo arrivare, con le lancette che nel frattempo, continuavano il loro giro verso il cinquantesimo minuto.

Iniziano ad arrivare i primi iscritti.

Siamo appoggiati al bancone della cassa e una tardona trentacinquenne ci scambia per i gestori del corso

:-Sc scu scusate, ehm, uhm, come volevo dire, lo posso pagare a voi il corso?

:- Eh si ciccia, ma con cinquantaquattro euro,  manco al buio con te. E’ lui qua il capo.

La classe si va allestendo.

La stordita cozza non puoi mai mancare. Arrivano altri alunni. Noooo! I Sapientino scuola nooo! Un gruppo di amiconi gia tristemente conosciuti per la loro proverbiale scoordinazione mentale, facilmente identificabile anche nei comportamenti fisici, fa il suo ingresso dentro l’enoteca. Quattro quozienti intellettivi, che sommati non raggiungono la media. Battutine, doppisensi, andatura ciondolante. Mi cascano le braccia.

Iniziamo a sederci. Io e F ci piazziamo in penultima fila.

Negli ultimi tre anni di scuola sono sempre stato nei banchi di fondo. Nell’elite dei diseredati. Io ero il secchione. Anzi. L’intelligente della classe. Attorno a me si raccoglievano i peggiori elementi. Un vero spasso. Loro mi facevano divertire. Io li facevo copiare all’occorrenza.

Il miope tra i ciechi, fa il re.

Ho vissuto tre anni di rendita. Un vitalizio basato sulla pochezza dei miei compagni di classe. Qualche ripasso alla mattina, nei quarantacinque minuti di viaggio del pullman casa – scuola. Ecco il mio metodo di studio.

Il relatore continua ad avere problemi con il videoproiettore. La cosa mi è del tutto indifferente.

Con la vista che mi ritrovo, non riuscirei a mettere a fuoco nessuna scritta con dimensione inferiore ai cinquanta centimetri. Ascolterò attentamente ed immagazzinerò dati acustici nella mia mente. Sono otto anni che non ho più a che fare con una lezione. Vediamo se i ricettori, i percorsi, gli archivi, sono stati intaccati dalla ruggine, o hanno solo un consistente strato di polvere.

Si parte.

Nel frattempo vicino a me si è seduta una tipa. Gioia e gaudio.

Abbandonato il liceo ( Mi domando ancora :-perché? Con tutta quella gnocca che girava per i corridoi! Ai tempi avevo evidentemente altri, inutili, svaghi.) per un più dilettevole istituto tecnico, naturalmente la presenza femminile aveva, nel cambio, subito un immane smacco di presenze. Tre ragazze, delle quali, al quinto anno, ne era sopravissuta unicamente una.

Vi direte. :-Bella almeno?

:-Macche! Una cozza.

Però ricordo negli ultimi mesi, forse a causa di una delle mie solite carenze affettive temporanee, era balenato un non so che di tenero fra di noi. E la classe mormorava. E io avevo lasciato perdere.

Quindi il fatto di trovarmi di fianco una ragazza, mi rinfranca e mi ripaga delle rinunce passate.

E poi con una donna accanto, il mondo a quel qualcosa in più di profumato.

Ha i capelli rossi con delle mesh bionde, un sacco di lentiggini sulla pelle bianca, una leggera finestrella nei due incisivi frontali e delle tette più che simpatiche sotto il golfino da figlia dei fiori.

Ci sono anche due trentenni nel banco davanti. Probabile stiano cercando compagnia, a detta dei discorsi captati dalle antenne di F. Cerco di sbirciare qualche filo di perizoma sulle loro schiene. Niente concessioni all’erotismo di basso profilo.

Evvabè, vorrà dire che seguirò la lezione..

Voce chiara, concetti esposti con semplicità e argomenti interessanti non solo per gli addetti al settore. Ottimi anche per la cultura personale. Con le prime domande, si vanno delineando anche gli ulteriori personaggi.

Ovviamente i quattro scemi del villaggio si confermano tali, con mormorii, brusii e bisbigli inutili, che sorgono a commento interpersonale delle varie nozioni.

Non poteva mancare il tipo bisognoso di conoscenza, che necessitando di informarsi su qualcosa che da li a poco dovrà andare a realizzare, pone domande a bizzeffe finendo completamento fuori argomento.

C’è quello preparato, che spara il domandone tecnico e poi se ne sta lì, come ad aspettare lo scrosciare degli applausi.

Alle mie spalle, sale alla ribalta, l’asino della classe. Quello che è gia scritto nelle stelle, che, anche pur con tutta la buona volontà, l’applicazione e l’intervento divino, verrà inesorabilmente bocciato. L’asino è quello che proprio non ci arriva per limiti mentali.

Oh capita. La sua prerogativa, cosa che gli riesce del tutto naturale, è non capire. Ma il bello, è quando poi, non riuscendo ad affogare in silenzio nel suo non sapere, tenta di rimanere a galla, di lucidarsi le idee, ponendo delle domande. E il suo dramma è, che non capisce nemmeno le proprie domande. Vorrebbe chiedere una cosa, ma si spiega talmente male, che finiscono per illuminarlo su tutt’altro. E questo aggiunge confusione a confusione, concetti criptati sopra altri concetti criptati.

Me lo immagino tornare a casa, di lì a qualche ora e infilarsi a letto con la moglie.

:-Caro, allora, cosa ti hanno insegnato al corso?

:- Ehm, uhm, allora, no, vedi, a no aspetta, non mi ricordo, cioè, non è che, ma però, a no forse era……

Click.

La moglie spegnerà la luce.

Naturalmente in una classe che si rispetti, non possono mancare i ritardatari.

Ne arrivano tre.

Una coppia lui e lei trentenni. Si saranno attardati a limonare alla fermata del tram? Il bello e la bella è giusto in ogni modo che stiano assieme, come nella migliore delle tradizioni scolastiche.

Piccolo strappo alla regola, il terzo ritardatario, non è il pendolare che arriva da Inculoalmondo ( di solito paesino di trecento anime tutte dedite alla pastorizia, localizzato solo dai satelliti su un versante roccioso della valle Dimenticatadadio raggiungibile solo tramite una mulattiera della prima guerra mondiale) e che ogni mattina, per arrivare in orario, deve sperare in strane simmetrie astrali che gli permettano di non perdere nessuna delle coincidenze nave-aereo-autobus-metropolitana, ma una tipa del luogo.

Niente volto trafelato, fiato corto, capelli arruffati e maglioncino infilato alla rovescia. E’ arrivata tardi semplicemente perché aveva dell’altro da fare. Ha la bocca ad O, con le labbra sottili che la fanno assomigliare e mi fanno ricordare quella specie di mia mancata ex, della quale non riesco a liberarmi. Bhe magari lei non ha un culone che fa provincia e nemmeno un testone da monolite dell’Isola di Pasqua. E’ una ragazza carina, che si trascura in parte.

In una lezione, non può mai mancare il momento di ilarità.

Naturalmente ci pensa il più giovane dei quattro imbecilli, che già, si è ampiamente distinto nell’arco di tutta la serata.

Momento della degustazione. Si sta tentando di determinare e distinguere, le varie fragranze aromatiche presenti nel vino, apparentemente percepibili dall’olfatto.

Domanda.

:-Ma scùsi, se questo vino è fatto con l’uva, come è possibile che sappia di aromi di frutta e fiori? Dovrebbe sapere di uva!

La classe si guarda attonita, indecisa se dibattersi nell’ilarità come un pesce fuor d’acqua o procedere al linciaggio.

I più optano per la prima soluzione. Inutile accanirsi. La natura è già stata ostile di suo.

Io e la compagna di banco a tratti, veniamo casualmente a contatto di gomito o di ginocchio.

Lei mi fa

:- Te non senti qualche fragranza di vaniglia?

E’ un po’ troppo vicina e la cosa mi mette in difficoltà, privandomi di lucidità e brillantezza. Mi salvo in corner con una risposta idiota e troppo distaccata.

:-A dirti la verità ci sento qualcosa del tipo “ciliegie sotto spirito”.

In effetti a forza di annusare il bicchiere, ho il naso completamente insensibile e sento di tutto tranne che vaniglia.

E poi chi cazzo ha mai annusato la vaniglia? Il gelato non sa di niente e di solito lo mangio, non lo annuso.

Mi spiace deluderla, ma lei mi sorride ugualmente sempre con fare gentile e burroso, anche quando ci salutiamo a fine lezione.

Le due ore scarse previste, si sono prolungate oltre le tre. Nel viaggio di ritorno, mentre flash ottici di lampi, squarciano il cielo ai vari angoli della valle e gocce estive di pioggia, picchiano sul parabrezza con continui cambi di frequenza, faccio un ripasso mentale dei vari argomenti, per mettere alla prova le capacità di apprendimento e immagazzinazione.

Il mio processore, sembra reggere il passo del tempo, nonostante non venga aggiornato e utilizzato da un discreto periodo.

Sono soddisfatto.

Scendo dall’auto sotto casa, con la brochure del corso sottobraccio.

Gocce d’acqua cadono verticali a distanza di metri, rade e pesanti che le si potrebbero contare. L’odore della polvere sollevata, riempie le narici.

 

22 Risposte a “RITORNO A SCUOLA.”

  1. Sono rimasta chiusa in ascensore ieri! per fortuna solo 30’…però che figura del cavolo, non era nemmeno quello di casa mia!!!

    Fiera di me, sono rimasta calma e ho detto solo tre volte cazzo.

    Gli altri condomini si sono divertiti molto….

    Baci

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.