SANDRA. TWO YEARS LATER.

Sandra era stata quel tipo di donna dagli slanci d’affetto. Quello che ogni uomo può desiderare se vuole farsi fregare per bene. C’ero caduto inizialmente anche io. Inizialmente è un periodo d’intensità decrescente durato tra i sei e i nove mesi. Il trasporto con cui Sandra si era lanciata nella nostro rapporto a distanza, a leggersi, poteva essere scambiato per il più intenso degli innamoramenti. Parole di saccarosio caramellato che colavano lungo le onde telefoniche del nostro contatto. In realtà non era così. Sandra era fidanzata. Lo è tutt’ora, con qualcuno d’altro, innamorata più di prima, se possibile. Ciò che mi scriveva era corrotto. Illegale. Corrotto dalla gentilezza, corrotto dal dovere o da una pietà romantica. Ho tentato di analizzare i perché solo in seguito, uscito alla luce della realtà, fuori dal tunnel protettivo di baci, abbracci, pensieri e promesse. E’ evidente a tutti come cambi la considerazione di una persona, in presenza o assenza di sentimento. La difficoltà è il capire su quale versione sta la maschera e in quale occasione la maschera eravamo noi stessi. E’ assurdo come ci sia così tanta irrealtà, quando lo stato delle cose è talmente palese. E’ l’istinto di protezione che prende le posizioni a nome nostro. L’istinto di sopravvivenza è individuale e la relazione sentimentale ne è la dimostrazione. Fingiamo noi stessi per la nostra salvaguardia, filtriamo al massimo la selezione e solo per ultimo ci dedichiamo al fine della sopravvivenza della specie.  Abbiamo quest’obbligo di giudizio e questa sete di verità ogni volta che i fatti vengono allo scoperto, o semplicemente cambiano. E’ l’emicrania umana della conoscenza, che piove dal dubbio dell’origine sopra i fatti di tutti i giorni. La domanda è l’unica nostra missione di vita, questa è la vera crudeltà. Sandra ora mi chiede come mai non mi faccio più vivo. Si sente nel suo tono commosso, nella vibrazione maschile della voce, il rammarico per le distanze che abbiamo naturalmente preso. L’instancabile lavoro di tempo, distanza e decadimento. Mi da l’idea che questa sia per lei una sconfitta, dolorosa nella sua inutilità. Avrebbe desiderato che lo stato delle cose fosse rimasto fintamente perfetto come all’origine. Quando lei mi dava illusione senza spese a suo carico e io me ne crogiolavo. Con un limite dubbio e un eccesso di favorevoli motivazioni. Sandra aveva perso la serenità data dalla sua buona azione, ne sentiva la mancanza e ora con i sensi di colpa alle costole, si chiedeva silente il perché, a titolo di scusa. Credo rientrasse, come d’altra parte capitava a me, tra quel tipo di persone che vorrebbero essere buone con tutti. Restie alla sofferenza, odiano far soffrire. Il dolore è contaminante, quello provocato ti si ritorce contro. Per questo Sandra disperdeva buoni sentimenti. Per stare bene con se stessa. Ignara del tracollo che prima o poi provocava in ognuno. Le ho spiegato che due rette che si incontrano in un punto, se sopravvivono all’incidenza, sono destinate nuovamente ad allontanarsi. Era quello che ci era successo. Il punto del nostro incontro era troppo flebile per spezzare una o ciascuna delle due direzioni. Era stata una questione di tempo, tempi, casualità, causalità. Avrei voluto farle notare che lei, ingannando le leggi invariabili della matematica, quel punto lo aveva ingrossato a forza con un tratto nero, fittizio, fino a farlo diventare una macchia d’olio, sulla quale ero scivolato. Glielo avrei potuto far notare ma non l’ho fatto. Non è buonismo che riaffiora, ho smesso di voler essere buono. Semplicemente siamo ormai così distanti, anche volendo non mi sentirebbe.

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