UN GIORNO QUALSIASI PEGGIORE

Se il buon giorno si vedeva dal mattino, il culo bianco e flaccido di sua moglie che lo guardava perplesso e dubbioso dal quarto basso del letto, per quella mattina prometteva tuoni e fulmini. Ad andar male uragani.

E la sveglia che dal comodino, gli ricordava all’orecchio sinistro, il suo stato di turnista tra i morti viventi del pianeta notte – alba, aggiungeva.

Farà anche un freddo bastardo.

Di quel freddo che senti solo a quell’ ora. Quando le ossa ancora calde e raggomitolate dal letto, incontrano l’aria priva di elementi dominanti, impegnati, e in ritardo, nel cambio della guardia.

Tra le quattro e le cinque della  mattina, i nostri astri, sembravano sempre decisi a farsi i cazzi loro.

Senza degnarsi di buttare un occhio, su quel nugolo di squattrinati, che in quei sessanta minuti, tendenzialmente avrebbero dovuto mettersi in movimento e produrre, in modo tale che il resto del pianeta, al risveglio, potesse trovare tutto pronto.

A vederla così, il suo compito era abbastanza semplice e  per certi aspetti, anche velato di quel tepore e affetto tipicamente familiari.

Lui doveva preparare la colazione e servirla in camera al mondo, quando questi si fosse svegliato.

Ma lui non era un cameriere e tanto meno un marito sdolcinato e premuroso che faceva quel genere di porcherie.

Lui era un semplice addetto del macello e il suo dovere era far si, che per le otto della mattina, o comunque per l’ora in cui quelle nullafacenti di mogli si fossero decise a uscire di casa e combinare qualcosa, i negozi della città fossero imbanditi di bistecche fresche.

Lui era il caporeparto del settore manzi e vitelli.

Ed è facile essere il caporeparto, quando sei l’unico lì dentro.

Con quelle ottime prospettive alle porte del suo risveglio,  gli rimasero ben due opzioni. Alzarsi ed andare a scuoiare la solita decina di mucche surgelate o alzarsi e recarsi all’ufficio di collocamento a cercare un nuovo lavoro.

Sapeva, lo aveva già sperimentato, che sarebbe finito a fare il netturbino.

E i netturbini a che ora si alzavano? Sempre alle quattro.

E allora fra i manzi e i ratti della spazzatura, confermò i primi.

Che poi, in certi giorni in cui , circa una decina all’anno, il sole per strani fenomeni di rifrazione di quartiere, riusciva ad entrare dentro il macello e scaldarlo un po’, mettendolo così di un umore, lontano parente del buon umore, quel lavoro gli piaceva anche.

Che quelle bestie, ora secche come uno stoccafisso, gli ricordavano i pascoli alpini del Tirolo che aveva visitato durante il viaggio di nozze decenni prima,  il loro ondulare placido tra i prati,  l’alito caldo che usciva dalla bocca e lo sterco fumante come piccoli vulcani tra l’erba.

E i marchi violacei dei controlli accettazione che portavano addosso, gli rammentavano la mucca viola della pubblicità del cioccolato.

In quei brevi momenti, solo nel vuoto ceramico dell’interrato, con le celle frigo che gli solleticavano il collo con aliti gelati di conservazione e le piastrelle bianche appena assassinate che si dissanguavano lentamente, per qualche minuto o per un ora o più, la felicità tornava a dimorare dentro di lui. 

E allora si trovava improvvisamente a fischiettare strani motivetti dell’esercito e a saltellare agile sulle punte tra un manzo e l’altro appesi, come un pittore in piena enfasi creativa.

Squartava, tagliata, segava, batteva, spezzava con la stessa armonia serena, con la quale una nonna italiana, avrebbe impastato, tirato, tagliuzzato, modellato la pasta fatta in casa, mentre in sottofondo la radio gracchiava il Volare di Modugno e il sole le si infilava fra i capelli grigi cotonati e le tette abbondanti dentro il grembiule.

Ma erano solo squarci. Squarci pure senza sangue di una vita surgelata più delle sue vacche.

Ritornava poi,presto, in se. 

Improvvisamente come uscito dal trance, schifato e preoccupato di quella caduta di stile.

:-Cristo Frank, si diceva. :-Starai mica diventando ricchione? 

Canti, balli. Cazzo ti passa per la testa?

Nutriva un certo disgustato distacco per le manifestazioni che la serenità e l’armonia dipingevano sulle facce della gente, portandola a compiere atti inconsulti tipo sorridere, divertirsi, darsi delle pacche sulla schiena, baciarsi, fermarsi a parlare con uno sconosciuto.

Le bistecche gli avevano insegnato che il lavoro forgia e ti da tutto quello di cui hai bisogno. Da mangiare, da bere e il denaro per campare.

Il resto era solo circonvenzione. Solo trappole per portarti alla perdizione. Alla lussuria. Al decadimento morale, alla rovina della società.

Sua moglie era una di quelli.

Ultimamente si fermava sempre più a chiacchierare con i vicini. Era pure entrata nel consiglio dei genitori della scuola. Le avrebbero frullato la testa.

Doveva tenerla d’occhio.

Si era comprata quelle mutande e quella canotta di pizzo. Diceva che gliele aveva consigliato la vicina. La signora Supperton. La moglie di quel tizio che lavorava all’ufficio bancario.

Quelli erano gente poco raccomandabile.

Il fine settimana uscivano sempre con la loro auto per delle scampagnate, tornando solo a tarda sera. Una volta li avevano addirittura invitati per un barbecue nel loro giardino.

Non ci erano andati. Lui lo aveva vietato. Era una trappola aveva ammonito. Ne era certo.

Le mutande e la canotta di pizzo dovevano servire a ridestare la loro intesa sessuale aveva detto sua moglie.

Più intesa di così penso lui.

Ti ho fatto due figli e dormiamo da ventisette anni nello stesso letto.

Che c’è da intendere?

 

29 Risposte a “UN GIORNO QUALSIASI PEGGIORE”

  1. ma che rottura MarTi che rottura… non la finisce più di piovere, ho un raffreddore micidiale, all’incrocio una macchina mi ha annaffiato come ‘na pianta.. e… la cosa più grave di tutte…alla mensa erano finite le lasagne… ma che giornata brutta… e che volevo da un lunedì?

    passerà.. almeno lunedì si, passerà, (ma poi torna regolarmente, disgraziato), raffreddore pure.. prima o poi.. i vestiti s’asciugeranno…. e al ritorno a casa mi fermo al super e mi prendo le lasagne surgelate della findus….. e che mi manca?

    buon inizio settimana ;o))

    TeS

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