UNO CHE VOLEVA ESSERE. O DIMOSTRARSI?

Non gli riusciva di capire se si trattasse di una sorta di mania di protagonismo, del tipo essere al centro dell’attenzione non della collettività, ma del singolo, uno spropositato, vista la sino al momento penuria, bisogno d’affetto, o la dimostrazione a se stesso, che, che quanto ne pensasse, poteva competere e risultare vincitore con tutti, indipendentemente dalla tipologia dell’individuo di applicazione. A pensarci poteva anche essere una strategia impulsiva atta a contrastare la staticità di quella sua inanimata esistenza. Un procacciarsi spacciatori di emozioni. Un autodifesa preventiva qualora gli eventi avessero volto al peggio. Qualora, da un giorno all’altro, ma anche alla data odierna, ne avesse avuto veramente le tasche piene dello standard medio al quale, si era, ignobilmente piegato ed adeguato.

Un essere vivente, deve sempre aspirare al top delle sensazioni, o può di tanto in tanto, non quantificando tale limite di durata, concedersi delle atmosfere di medio tenore, sintetizzabili in un whiskey preso su una poltrona in pelle, un bagno caldo, un libro sotto un metro di coperte o comunque qualcosa di similare e paragonabile a una sosta per placare una tachicardia di battiti?

Pare poter dire, che la risposta a tale quesito, include una sola ma fondamentale variabile, a sua volta derivante da un complesso di operazioni, individuabile nell’adattabilità e propensione dell’individuo singolo. La capacità dell’animo di adeguarsi alla tipologia dell’ambiente esterno, essendo di derivazione animale, è alquanto personalizzata, non di specie in specie, ma di individuo in individuo.

Pertanto, come vi saranno menti plagiate (e in parte lui conferiva in questo scaglione di suddivisione) con l’encefalogramma che scorre appena increspato da un vento di brezza alitato da sensazioni di base, e sopra il quale uno si accontenta di farsi portare dalla mezza bonaccia, al massimo fino al limite del porto, così vi saranno menti più spugnose (e per la parte principale -testa soprattutto- lui conferiva in questo scaglione di suddivisione) che necessitano perennemente di assorbire nuove emozioni, per non trovarsi prosciugate. Il profilo sullo schermo di tale tipologia, è un alternarsi di picchi e depressioni senza apparente regolarità, per la soddisfazione dei quali, è necessaria la disponibilità di entrate e uscite, che solo una nutrita e variegata gamma di interlocutori, può garantire.

Il suo cercare, ogni qualvolta rintracciava nell’individuo uomo o donna elementi utili a tale scopo, di accaparrarsene definitivamente e in modo certo, prestazioni, forniture e servigi, era la parte più complicata del processo.

Non trattandosi, se non marginalmente, di sentimenti esclusivamente affettivi, l’operazione ingannevolmente, potrebbe sembrare apparentemente facile.

Ma lui, aveva sperimentato nel tempo, e in alcuni casi aveva dovuto desistere dopo anni di tentativi presenziati al massimo delle proprie capacità, che entrare nell’orbita esclusiva di persone con rapporti già avviati e cementati, era tutt’altro che semplice.

Vi era innanzitutto da coprire la distanza-ritardo con il resto del gruppo avversario. Attenzione. Si parla di gruppo avversario perché tale conquista, prevede una se non univoca, una comunque parecchio ristretta condivisione della preda.

In alcuni casi vi erano distanze fisiche da superare. Nel sistema di comunicazione moderno, spesso capita di rintracciare profili mentali al nostro più consoni e adatti, lontano dal comune raggio d’azione. Aspetto che non deve sorprendere considerata la vastità delle superfici e il fattore casualità del luogo di origine, ma, considerata la tutto sommata novità della situazione, ancora di difficile assimilazione da parte di certe mentalità ancora troppo restie al concetto di movimento-spostamento.

Infine, per quante affinità si potessero riscontrare, potevano insorgere una serie di differenze sociali, abitudinali, morali e conoscitive dallo stacco così divaricato, da risultare infine, limiti invalicabili, seppur quanto e a volte oltre limite, impegno e abnegazione venissero profusi.

Dinnanzi ai suoi fallimenti passati, seppur fallimento sia sempre un termine ingiusto ed irrispettoso nei casi in cui il massimo adoperarsi è stato tenacemente posto, dinnanzi, a questo punto, all’inconquistabilità univoca dell’obbiettivo, anche in base alle reazioni dello stesso (che tra l’altro nell’arco del processo è la variabile non nota e a rischio) in più di un caso gli era rimasto il dubbio, sul proseguo dell’agire.

Dinnanzi alla sconfitta, è più saggia una ritirata definitiva, o il raggiungimento di un accordo insoddisfacente, una tregua con confini senza possibilità di libero ingresso?

La necessità di essere al primo posto nei pensieri e sulla lingua di molti, è sintomo di un bisogno di ipervalutazione di se, o segnale di un potenziale conosciuto bisognoso di esprimersi?

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