GIACCA, CRAVATTA e….

Commesse scorbutiche e stressate del sabato mattina, tagli sartoriali da sessantenne con riporto, prezzi esorbitanti, spalle troppo ampie e taglia impossibile da trovare.

La ricerca del vestiario pro matrimonio di C&L, si sta rivelando più ardua del previsto.

Cambio un paio di negozi, saltando da un centro commerciale all’altro, mentre il caldo della primavera ormai decisamente risvegliata dal letargo invernale, inizia a cucinare a fuoco lento l’abitacolo della macchina. Il risalire dopo ogni sosta è un supplizio.

Vampate di aria tropicale in stagione monsonica, carica di umidità e sapori vanigliati dell’ambre magique, mi investono ad ogni apertura della portiera, prosciugandomi le rade energie, gia provate dal tardo rientro notturno. Finché il condizionatore, a regimi gia ferragostani, non compie il suo umile lavoro di far comparire, pinguini e iceberg sul lato passeggero, rimango immobile dentro l’improvvisata sauna, con la fronte che si imperla di goccioline salate e la maglietta, gia aderente di suo, che mi avvolge come un guanto.

Rischio di strappare, tipo Incredibile Hulck, una taglia quarantotto con un ricamo in rilievo nero su nero. Desisto, anche se era la mia preferita e l’avevo sott’occhio da tempo.

Come con una bella donna, ho atteso e assaporato il momento della conquista, per poi scoprire, al contatto, l’impossibilità di coesistere.

Provo nell’ultimo negozio rimasto.

Aria da stock house, merce stipata su carrelli, infilati nel locale come su una griglia di partenza da motomondiale, scaffali stracolmi alle pareti, arredamento inesistente e vetrina sciatta da negozio di paese. Son già entrato altre volte, senza risultati proficui. Abbigliamento casual classico e datato, fermo a metà anni novanta, e abiti da cerimonia, sui quali fin’ora, avevo sempre sorvolato.

In compenso però, tutte le inutili precedenti visite, sono state gratificate dalla Sua presenza.Inizio a rovistare, tra i vari carrelli ruotati, sui quali sono appesi, centinaia di completi apparentemente tutti uguali.

Per la legge dei grandi numeri, qualcosa di carino deve saltar fuori per forza.

Ne adocchio un paio di pitonati dai colori sgargianti stile Elvis, ma mi manca decisamente il ciuffo. Abbandono l’idea di acquistarne uno con inserti in brillantini, dato che, okkey, la giornata finirà in alcool e danze, ma il remember “la febbre del sabato sera”, mi pare eccessivo.Per completi in velluto e tweed non mi pare stagione. Sudo al solo guardarli.

Dopo ardua selezione, guidata a suon di suggerimenti e critiche prettamente femminili, dalla sister accompagnatrice, mi infilo finalmente in un camerino striminzito, con l’eletto.

Trascuro doverosamente pantaloni e gilet con strane effigi di draghi e dragoni, per dedicarmi alla giacca. L’unico elemento che mi è indispensabile.

La infilo sopra la maglietta bianca con la stampa frontale. 

Con jeans e scarpette gialle, gia mi sento più fashion del solito.

Potrebbe anche bastare così. Ma la sister insiste. Devo provare anche i pantaloni.

Gran scocciatura.

Un paio di pantaloni di cotone coprono le mie gambe, per la prima volta in ventotto anni.

Non prima che, sbilanciatomi, oppresso e con i movimenti occlusi e impossibilitati dalle dimensioni microscopiche dello spogliatoio, abbia picchiato la testa contro lo specchio e tentato di demolire la parete divisoria, con una spallata.

Temo le imprecazioni si siano udite per tutto il centro commerciale.

Mi trovo semplicemente ridicolo. Anche perché, in vita, i pantaloni sono abbondanti di almeno due taglie. Mia sorella, infila la testa dentro la tendina.

Lei scosta la tendina.

Io sto li come un ebete, con le mani a tendere i pantaloni, per far vedere quanto sono larghi.

Tra la pancia piatta e l’elastico, ci passerebbero comode un paio di mani.

Ed io all’istante, avrei gia individuato quali.

:- Qua ci dobbiamo mettere a dieta caro mio. Fa lei scherzosamente.

E’ uno spettacolo di trenta/trentacinquenne. Probabilmente la titolare del locale.

E’ una delle mie preferite.

Da quando ormai, da anni, la catalogazione dell’universo femminile nei centri commerciali, è una delle mie ragioni di vita. Dopo la catalogazione delle tipe, nei locali del weekend.

Viso solare e paffutello, capello biondo e frangia liscia negli occhi, forme generose e un sorriso, da sottomissione istantanea.

L’essenza del commercio è il saper vendere la propria merce. E per saper vendere, ci vuole presenza, metodo e il saper porsi col cliente.

Lei è affabile come una mammina, sinuosa come la più voluttuosa delle femmine.

Un cocktail mortale per il mio portafoglio. Se volesse, potrebbe propormi anche il manichino maschile in surrogato agli amici del fine settimana. Penso che lo comprerei.

Sono fragile e tremendamente arrendevole davanti a quest’essenza di donna. La dovrebbero arrestare per circonvenzione di incapace. Sono un portatore sano di stordimento da gnocca.

Lei arriva in un istante con i pantaloni della taglia giusta. Li infilo pro forma, tanto per farla contenta. Mi calzano a pennello.

Mi trovo orribile.

Mi infilo su le scarpe gialle e esco davanti allo specchio.

Ride lei. Per l’accostamento scarpe-vestito. Rido io perché mi sento un idiota.

Mi dice. Vieni lì in cima che scegliamo anche camicia e cravatta. Non se ne parla nemmeno che mi faccio tutto il negozio con addosso quei pantaloni. Mi infilo nello sgabuzzino, tiro una gomitata nello spigolo. Mi scotto il dorso della mano contro la lampadina. Un’altra raffica di bestemmie. Stai calmo. Respira a fondo. Fa caldo, mi sento tutto appiccicoso. Infilo su i jeans, calzo le scarpe in qualche modo e mi precipito da lei. Mi vede arrivare e scuote la testa senza speranza.

:-Ma perché ti sei cambiato?

Sono innamorato.

Una camicia azzurrina, una grigia, una viola tendente al rosa, la classica bianca. Quella rosa non mi dispiace. La sister che non è molto fashion victim, boccia in tronco l’ipotesi.

:-Dai scemo, che sembri un culattone.

Evabbè, la sorella è un po’ rigida come posizioni. E’ l’aria di montagna, che stimola lo spirito conservatore e fondamentalista. Andiamo di bianco. Inutile insistere almeno per la cravatta rosa shocking.

Di nuovo dentro il camerino. Mi infilo la camicia. Sembra perfetta.

:-Esci che ti metto la cravatta.

Voce sexy e sinuosa. Deve avere un passato da sirena degli scogli.

Dio come è vicina.

Ha un completino giacca e pantalone dai tonni pastello, cucito a trame grezze. Sotto una maglietta chiara, con una discreta scollatura. Forme abbondanti, ma prima le ho guardato il sedere e non è niente male.

Mi getta le braccia al collo. Per infilare la cravatta.

:-Ora guarda bene e assimila che ti insegno a fare il nodo.

Roteo gli occhi verso il basso nel tentativo di vedere le sue mani che compiono strani movimenti contorti sotto il mio naso. Alla seconda mossa mi sono gia perso, perché la mia vista ha trovato cose più interessanti su cui soffermarsi.

La sua scollatura.

Un paio di centimetri in più non sarebbero guastati. Ma almeno mi godo dall’alto lo spettacolo dell’incavo dei suoi seni. La maglietta si gonfia al ritmo del suo respiro. Ha un poò di pancetta davvero sexy.

E’ troppo vicina. Che voglia di toccarle le tette.

Come un gatto che conficca le unghie nel ghiaccio per resistere allo scivolamento, mi pianto le unghie delle mani nelle gambe tentando di resistere alla tentazione.

:-Allora ti ricorderai come si fa?

:- Assolutamente no. Posso passare a trovarti il sabato mattina del matrimonio, cosi me lo rifai in diretta?

:-Ma certo che si.

Mi infilo su anche la giacca.

Cazzo. Sembro quasi bello. Quasi un ometto come si deve.

Guardiamo le scarpe gialle.

:-Mica male eh! Le faccio. Quasi quasi vado con queste.

Ride. E sorride. E’ rimasto da allacciare l’ultimo bottone in cima della camicia.

:-Vediamo se si chiude, sennò ti do un mezzo numero di taglia in più.

La lascio lavorare con le sue dita flessuose attorno al mio collo. Mi manca il respiro, il colletto chiuso mi soffoca. E’ ancora più vicina di prima.

Che voglia di baciarla.

Per favore non sorridere. Posso sentire il suo campo magnetico. Attrazione da orbita gravitazionale.

Lei mi attira. Lei mi attizza. E io sono un satellite senza bussola e coordinate pronto a precipitare nella sua atmosfera, infiammandomi al contatto.

:-Allora com’è?Stringe?

Faccio il baldanzoso.

:-No no, è quasi precisa.

Le parole mi escono soffocate come in punto di morte.

:-Ad esser perfetta dovrebbe infilarsi un dito tra collo e colletto.

Prova a infilare il suo indice. Vorrei poter fare la stessa cosa con lei.

Ora è tutto finito. Mi guardo attorno alla disperata ricerca di qualcosa d’altro da acquistare. Un paio di calzini, dei boxer, il suo numero di telefono, un invito a cena.

Ma tutto il coraggio si esaurisce dietro la tendina, mentre mi rivesto.

Esco accaldato sulla pelle e nei pensieri. Lei è gia sulle tracce di un altro cliente.

La cerco con lo sguardo. Un ultimo sorriso

:-Ahhh, eccoti qua, ti ho messo tutto alla cassa.

Già. La cassa.

 

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