RIMEDI ALL'EMICRANIA

Due squadre di lavoratori festivi in paga straordinaria, stanno realizzando due tratti di tunnel, all’interno della mia testa della domenica pomeriggio.

La prima squadra sta trivellando la parte frontale, all’altezza dell’arcata occipitale destra. Un perforare continuo e costante senza picchi, un lavoro minuzioso di precisione e tecnologia.

La seconda squadra, evidentemente in fase di apprendistato, agisce nella parte posteriore bassa, poco sopra l’attaccatura testone/collo. Usa metodi decisamente più rudi e meno precisi. Momenti di quiete si alternato con forti esplosioni dinamitarde pulsanti. Sento la roccia sbriciolarsi e scheggiare tutt’attorno, in un nugolo di polvere densa.

Mentre mi preparo per uscire, scopro con estremo disappunto, che la farmacia di casa, è piena di simpatici medicinali colorati, tranne che di quelli di cui avrei un estremo bisogno. In preda a panico da astinenza, mi autoprometto per l’ennesima volta, che quella dell’ultima notte, sarà l’ultima bevuta pesante della carriera.

Tenendo la testa perfettamente ferma e verticale, noto che il dolore è quasi nullo. Mi abbasso per allacciare le nuove scarpette giallo fiammanti, e per un istante temo che i lavoratori siano sbucati all’esterno con le gallerie. Sento l’aria infilarsi per i fori d’uscita e comprimersi all’interno, premendo sulla scatola cranica come dentro un palloncino all’elio troppo gonfiato.  

Esco fuori tutto sommato con una buona presenza fisica e nell’aria liscia e grigia e metallica, filano orizzontali, fiocchi invisibili di neve, sospinti da un vento di bufera.

Le cime delle montagne e alcune vallate laterali più impervie, sono avvolte da un aureola bianca, in balia di locali sferzate ventose di neve, che le annebbiano alla vista, come in una visuale imprecisa, attraverso un vetro appannato.

E’ una nevicata incostante e ingannatrice. La perturbazione è leggera, tesa e sottile come un lenzuolo steso ad asciugare in piano, attraverso il quale, filtra la forma tonda e appena luminosa, del sole.

Quel maledetto di T, come sempre è in ritardo, dato che è riuscito sfacciatamente a dormire fino alle tre del pomeriggio. Lo odio per invidia, dato che alle nove, dopo sole quattro ore di sonno, me ne stavo gia a fari accesi, nella notte della camera, perfettamente sveglio a rotolare nel letto, con i miei due occhini spalancati da caffeinomane.

Passiamo a ritirarlo sotto casa, e mi fa in parte un sadico piacere, quando almeno anche lui ammette, nonostante la somma dormita, di avere la testa pulsante.

Nel frattempo, distratto dalla guida e con la musica in sottofondo e i ricordi della nottata nelle stupidate e nelle sconcerie verbali rinvangate  da F e l’aria calda del riscaldamento mista al profumo vanigliato dell’ambre magique, il pulsare a bassa frequenza della materia grigia sulla scatola cranica, si è leggermente allentato.

Questo mi mette di buon umore e mi fa ipotizzare che magari, bè si, qualche goccetto ogni tanto me lo potrò ancora permettere. In fondo, cos’è poi, un filo di emicrania da sopportare? Siamo uomini o che?

:-Si vabbè Ciccio..magari comunque, quei cazzo di miscugli, vediamo di evitarli in ogni modo.

 

La gelateria è più colma del solito. Un sacco di famigliole con nonni e nonnette, bloccati dalla targhe alterne, stanno intasando a fine passeggiata pedonale, l’ingresso e gran parte dei tavolini.

Facciamo comunque la nostra entrata trionfale, da ospiti fissi e rinomati.

Il titolare gia si lecca i baffi, prospettando il solito lauto incasso.

Siamo delle macchine da consumo, la manna dei commercianti.

Tempo trenta secondi e siamo gia seduti nel tavolino più confortevole. La meravigliosa forza del denaro che spenderemo, è una piacevole ed effimera sensazione di potere. Metà dei clienti si è gia girato a sbirciare, per lo più indispettito, o spregevole per quel pò di confusione che in genere solleviamo, al nostro arrivo.

Bhè ammetto che in qualche occasione F & Company, necessiterebbero di un corso di bon ton, ma oggi a parte qualche schiamazzo verso il capocameriere e un saluto tuonato alla propria cameriera preferita, non c’è stato eccessivamente di che vergognarsi, o motivo valido per desiderare l’invisibilità temporanea.

Mi lascio affondare nell’abbraccio avvolgente del divanetto stile liberty, mentre l’aria è intasata da aromi densi di cioccolate calde e fondenti. Ho un attacco di nausea e le pulsazioni riprendono a martellare insistenti. Lo stomaco in subbuglio, riempito per pranzo di uno yogurt e un arancia, sembra rotolare su se stesso come il cesto di una lavatrice in centrifuga. Ogni dieci giri, la squadra posteriore, attiva l’innesco e fa esplodere una carica. Buuummm!

La mia cameriera preferita Nonna Papera, quando mi vede, mi lancia la prima occhiata indagatrice. Le sorrido inclinando la testa di lato. Al secondo passaggio si ferma a chiederci come va. Le facce sono di per se una chiara espressione dello stato generale e lei se ne rende conto, prima ancora che, ognuno a modo suo, le illustriamo il nostro seratone.

Pare anche lei abbia quasi l’alba, dentro e poi fuori uno spago-burger. Con F ci lanciamo in una serie inenarrabile di fantasie erotiche a base di spaghetti e maionese, che farebbero impallidire, il più perverso dei registi hard.

La banda fa notare ad F, che a confronto Tinto Brass è un pivello amatoriale. Lui galvanizzato, produce all’istante, un copione personalizzato per ciascuno dei presenti.

Passa una coppia che va a sedersi nell’angolo in fondo. Lei è una mora trentenne da urlo, tutta strizzata in abito bianco. Becchiamo il capocameriere che le mette a fuoco da dietro, ad occhi sgranati, il perizoma in contrasto. Esplodiamo in un oohhhhh accusatorio. Lui, che diciamolo, è dei nostri, si gira con un sorriso soddisfatto e ci strizza l’occhio.  

Nel dubbio della scelta, perso fra le infinite proposte del locale, ho optato alla fine, per una crema alla vaniglia. Praticamente una cioccolata bianca. Nutro la vaga speranza, che qualcosa di dolce e solido, possa addolcire gli indefessi lavoratori, impegnati a martellarmi dall’interno. Pausa merenda ragazzi?

T si è ordinato una fonduta di cioccolato, accompagnata ai bordi, da una serie di frutti e biscottini, da intingere all’interno. Una fiammella, da sotto, tiene caldo e liquido, il tutto. Mentre è impegnato ad affogare una fragola transgenica di dimensioni mastodontiche, lo scippo di un paio di biscotti, che intingo nella mia cremina bianca.

Non so come finiamo a parlare di strane sconcezze immangiabili, ma quando accenno alle Goccie Pavesi farcite col prosciutto che una volta mi sono mangiato con gusto, tutti mi guardano con occhi sgranati, minacciandomi di sbattermi fuori e dandomi del tedesco, per via degli azzardi dei miei abbinamenti.

La cameriera Nonna Papera, passa durante le consegne ai vari tavolini, non disdegnando di lanciarmi le solite occhiate indagatrici che mi fanno tanto bene. Ha la faccia più scura del solito con la classica doratura da lampada e un reggiseno azzurro pastello liscio, che si intravede tra le pieghe della camicetta. Io ho la mia maglietta bianca di cotone preferita, quella con il disegnino dell’evoluzione, dalla scimmia al punk, stampata all’altezza del pettorale.

Non ce la passiamo affatto male, c’è una presenza femminile di gran qualità. Fidanzatine, amichette, mogli e amanti, tutte in gran tiro e dolcificate a puntino. Pronte per essere assaggiate.

Solo mi tocca litigare in parte con F e F per via di una cameriera sbucata dal nulla, che loro protestano di aver adocchiato prima di me. Alla seconda o terza ordinazione, il capocameriere, si offre di procurarmi qualcosa per il mio mal di testa. Gli dico di non preoccuparsi, ma fingo, perché in realtà è quello di cui ho più bisogno, dopo le attenzioni della mia cameriera.

Dopo qualche minuto mi manda la collega con vassoio, bicchiere d’acqua e aspirina effervescente. Alla faccia dell’efficienza. Una quarantenne mora, riccia e sposata con due occhi da tigre del materasso. Rimango ammaliato e senza parole. I pensieri dal canto loro invece, macinano illimitate fantasie, poco salutari per la testa in fibrillazione, che già scoppia di suo.

Faccio a metà aspirina con T e dopo quasi un paio d’ore, ci alziamo finalmente per abbandonare il locale. Sento nell’aria, vari sospiri di sollievo.

Mentre sono in fila alla cassa, becco due tipi malvestiti in tuta e trascurati con barba da fare e i capelli in disordine, che in compagnia di una tipa davvero brutta, stanno facendo qualche osservazione di sorta sulle mie scarpette gialle.

Immagino staranno dicendo, nelle loro menti ottuse e bacchettone da montanaro preistorico …”cazzo va’ quello con le scarpe gialle da ricchione.” O qualcosa di vagamente simile. Non ci vuole molto a scannerizzare certa gente.

Li fulmino con un occhiata, indeciso se mostrare il ditone medio o chiedere se desiderano una foto con dedica.

Fortunatamente il passaggio della cameriera infermiera mi distrae e mi riappacifica con l’umanità. Mi sorride e vorrei dirle qualcosa, ma mi sento in imbarazzo, come uno scolaretto timido, innamorato della maestra sexy alle elementari.

Sto ancora aspettando il mio turno per saldare e passa invece G Nonna Papera, che mi si ferma davanti e mi dice…”Ciao ci vediamo”..infilandomi nel contempo una mano sotto la giacca e dandomi una sfregatine a modo di carezza sul pettorale in evidenza.

Rimango sospeso un instante, come una scena in pausa, impreciso e sorpreso dal contatto fugace, con una vampata di caldo che mi risale arrossendomi le guance e scottandomi le orecchie.

Finalmente siamo all’uscita, con l’aria nevosa che si infila dalla porta aperta, sotto i vestiti, soffiando dalle cime delle montagne appena spruzzate di neve, giù per i pendii, fino nella piana di fondovalle.

Mi ritrovo ancora a quattr’occhi con G. che mi fa:-Madonna se sei sodo, ma che fai palestra? Non faccio in tempo a balbettarle tutto sfasato:- Bhe sì un po sì, che gli amici bastardissimi e subito pronti, non avendo assistito alla scena di poco prima, subito se ne escono pronti con una serie di sconcezze del tipo…e te come fai a saperlo che è sodo…quand’è che l’hai provato, tastato e via dicendo…

G. se ne va tutta arrossita, io  affondo le mani nelle tasche nei pantaloni, e saltello via allegro, agile nelle mie scarpette gialle.

Viaggiamo in direzione dell’ennesimo pub vuoto, per ammazzare la serata.

Nella testa strane fantasie erotiche a base di gelato.

9 Risposte a “RIMEDI ALL'EMICRANIA”

  1. hallo ,la cremina alla vaniglia allora non ha placato i lavoratori di materia grigia?

    però mi è rimasto un dubbio… forse non ho letto attentamente il post ( ma mi ritengo giustificata perchè oggi non sto troppo bene!!!)quante sono le cameriere? dato che ti hanno cambiato l’umore direi che hanno un importanza non irrilevante!!!quindi immagino che fossero parecchie e di bella presenza(oltre, sospetto ad essere molto più gentili e disponibili rispetto ai robot difettosi e sprezzanti che ci ritroviamo qui!!!)

    evita i bagordi del sabato sera che i neuroni muoiono!!!(detto da me è proprio convincente!!!) vabbè ora scappo a lavorare!!

    BUONA GIORNATA UN KISS!!

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