TECNICHE DI SEDUZIONE.

 

L’ho trovato ieri sera.

Stavo rovistando nel portafoglio, alla ricerca di un verdone da cento euri che doveva esserci. E fortunatamente c’èra. Ripiegato e piccoletto in un angolino buio a cercare di non farsi beccare. D’altronde non è colpa mia se i tagli forti li fanno grandi come un telo da mare. Poi per forza, si devono ripiegare su se stessi, se non si vuole farli sventolare al vento, come una fetta di mortadella fuori dal panino.

Sta di fatto che recuperato il malloppo, ho approfittato per dare una controllatina generale nei vari scompartimenti, trovando via via, come dentro una valigia da mago, gli oggetti più scomparati.

Ho iniziato con delle vecchie mail, stampate e ripiegate su se stesse, scritte ad un amichetta dei primi tempi, ormai fuse una sull’altra a diventare un’unica entità priva di vita e di forma. Le avevo stampate e tenute con me con la speranza un giorno, rincontrandola, di avere una buona opzione di broccolamento.

 – Thoo! Guarda casualmente cosa ho qui!…Ohh come sei tenero…

Ovviamente, inutile dire, che non è mai successo.

Sono passato poi ad un agendina pieghevole dell’anno 2000, gentilmente offerta dalla birreria “Vecio Penasa” (Venezia) in occasione della notte di capodanno  99.

Credo che fu di li a qualche minuto, che, vagando per la città in compagnia di un Marco Maccarini d’annata, ancora semi sconosciuto e coi i capelli rasta, (vabbè ora non è che sia stò fenomeno) cercando di raggiungere la casa di alcune amiche per una spaghettata mattutina, fermandoci a fare un bisognino collettivo e parecchio romantico sulle sponde del Canal Grande, col Ponte dei Sospiri all’orizzonte, tradito dall’alcool e dalla soglia in marmo bianco viscida d’alghe e umidità mattutina, rischiai di finire a mollo dentro le acque verde smeraldo detersivo del canale.

Ricordo ancora con l’aria che mi manca nei polmoni e il cuore che si ferma un istante, quel senso di vuoto sotto i piedi e poi l’equilibrio, ritrovato, miracolosamente e il cuore che ripartiva impazzito sui binari.

Penso che sarei morto. E non mi sarebbe affatto piaciuto.

Negli scompartimenti money, biglietti da visita di qualche localino tipico. Ristorante argentino, castello sulla collina, agriturismo in mezzo alla campagna. Numeri di telefono sempre a portata di mano, nel caso si dovesse prospettare l’ipotesi di una cena galante, con una qualche sorta di meritevole gentil donna.

Ovviamente, inutile dire, che non è mai successo.

Nei taschini interni l’immancabile Santino della mamma “ovunque proteggimi”. Una serie indefinibile di tessere a punti delle più disparate librerie, ovviamente inutilizzate. Il calendario plastificato del night club duemilaetre con Selen che mi fa l’occhiolino.

Una serie di post it sgualciti con indirizzi internet, password, titoli di libri da leggere. Il tesserino della Federazione Italiana Dart (freccette). Ehhh si, una volta ero un vero sportivo. Litri e litri di birra tra un lancio e l’altro. Infrasettimanale. Un piccolo campioncino fino alle finali regionali. Litri e litri di birra. Poi la tensione mi ha corroso. O forse era l’alcool?

Poi lo ho trovato.

Una delle due copie del bigliettino per F.

Scritto a mano, dentro la macchina, al lago, l’estate scorsa.

Il caldo asfittico dell’abitacolo sotto il sole. Infradito e jeans corti strappati. Il rumore del condizionatore acceso che soffia freddo e ansimante.

Scritto a mano, in previsione,su una pagina dieci per otto a quadratini sottili, strappata dal block notes.

Infilato qualche sera dopo, di soppiatto, nel parcheggio della palestra, sotto il tergicristallo destro della twingo verde foglia di fico di F.

“ Prometto che questa volta

non lo dirò a nessuno che ti ho vista.

Adesso che non ti si vedrà più per un po’..

Come si può fare per mandarti un salutino?

 

Ciao

MARt

 

P.S.

Scusa il bigliettino,

ma hai un sorriso irresistibile.”

 

Già. Il sorriso irresistibile. E il brillantino luccicante come un stella nella notte, dentro il suo sorriso già troppo bianco.

F.

L’ultimo genere femminile che sia riuscito a metter per lo meno in moto, questo ferro arrugginito che se se sta qua sotto alla mia sinistra. Tendenzialmente incapace all’amore. Evidentemente incapace all’innamoramento. Presumibilmente malfunzionante.

Prima tanti tentennamenti nelle sale della palestra. Finalmente le prime parole strascicate. Dopo settimane. Poi una serie di coincidenze.. Il contatto del suo braccio alla cena. Le parole sciolte. Tante.. Quei capelli a metà strada tra il corto e il lungo. Quell’eleganza atletica. Le gambe affusolate. Il foular rosa.

Il sorriso irresistibile.

Il brillantino luccicante.

Gli incontri fortuiti, i suoi passi in avvicinamento nell’erba soffice del lungolago.

Le cose bevute poi sopra, nella veranda del bar.

La realizzazione assurda ed imprevista, dei mie vagheggiamenti notturni.

Quella sensazione di caldo avvampante che ti prende. Il cuore al trotto. Poi al galoppo. Il fiato corto.

Poi la notizia.

Lei andrà via. Abbastanza lontana per tutta l’estate.

L’estate è lunga. E calda. E ti toglie le forze.

I pensieri, la decisione. L’azzardo. Il bigliettino sul vetro.

Le corse  ovali col cuore a mille nella pista di atletica, scrutando la macchina attraverso la recinzione.. Le gambe molli. La paura e lo stare nascosto.

Il sabato dopo, di nuovo sulla veranda. A bere come sempre qualcosa. Il nodo alla gola. Il liquido che non scende. Un freddo invernale addosso.

Il sorriso irresistibile.

Il brillantino luccicante.

Nessun cenno.

Le settimane passano. F. mi presenta il suo ragazzo.

Lo avevo gia scoperto.

Un sabato ventoso, con i nuvolosi neri riflessi nel lago increspato e i grilli silenziosi.

Loro avevano già saputo. Ma mi avevano lasciato sognare senza dirmi niente.

Una lunga storia affiatata. Non potevo saperlo. Non avevo voluto saperlo. Non lo lasciava immaginare.

 

F. l’ho rivista dentro un locale due volte, all’inizio dell’inverno. Due chiacchere, un saluto con la mano da lontano.

Il sorriso irresistibile.

Il brillantino luccicante.

Ha cambiato palestra.

Il foular rosa.

Quei pomeriggi d’estate, pelli dorate, profumi di carotene e erba tagliata di fresco, ghiaia bianca pungente sotto la pianta dei piedi. I pesci che scivolano, nell’acqua trasparente. Il seno sbirciato, di F. schiacciato sull’asciugamano. Le pagine asciutte del libro aperte a ventaglio.

Da quei pomeriggi d’estate il mio cuore è in stand by.

Indifferente. Immobile.

Come un fogliettino di carta con delle parole sgualcite, scivolato sul lato di una strada polverosa. O appallottolato dentro un cestino.

Se ne sta li, con la lucina rossa, fissa.

Passano ragazze di ogni tipo. Qualcuna guarda, qualcuna parla, qualcuna legge.

Tutte carine.

Ma lui non si accende.

Forse è difettoso.

 

9 Risposte a “TECNICHE DI SEDUZIONE.”

  1. ….e ma che sfiga! anch’io ho il cuore in letargo…ma sono sicura che arriverà quello che non sarà frutto di una ricerca spasmodica, sarà semplicemente lui, e lo riconoscerò!

  2. …io l’ho sempre detto subito “Ho il ragazzo”.. Cambia la prospettiva delle cose, chiarisce che la strada sarà probabilmente in salita, ti avverte che forse non ci sarà nessuna strada. Quasi nessuno abbandona solo per questo.

    Giocare a carte scoperte fin dall’inizio.

    Il brillantino sul dente…mi è sempre piaciuto sulle altre. Ma le sirene non lo portano…

    Un bacio. Siren

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